Romeu e Giulietta
Nella traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti.
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“Romeu e Giulietta” in lingua siciliana
Le grandi opere del mondo letterario proposte in lingua aulica siciliana dal poeta, commediografo e drammaturgo catanese Alessio Patti
Dopo “Amletu”, le tragedie greche Agamennone di Eschilo, Medea di Euripide, Elettra di Sofocle; i 4 Vangeli (edizioni CEI) e il “Cantico dei Cantici” di Salomone; dopo la traslazione in lingua siciliana dei più grandi poeti al mondo in “Uguale agli dèi”, giorno 24 febbraio 2019, presso il teatro Rex di Giarre, patrocinato dal Comune di Giarre (CT), Alessio Patti, edito da Boopen, presenterà “Romeu e Giulietta”, il più noto dramma shakespeariano.
Cultori e attori presenteranno e declameranno l’opera traslata in lingua siciliana da Alessio Patti.
Saranno presenti i relatori Prof.ssa Anna Castiglione Garozzo (che è anche la Prefatrice della traslazione) e il Prof. Giovanni Vecchio (sicilianista ed esperto delle tradizioni locali); gli attori professionisti: Ornella Brunetto e Daniele Bruno; i musicisti Gesuele Sciacca e Armando Xibilia; la cantante folk dal cuore tutto siciliano Cinzia Sciuto; la cantante corale Daniela Greco; coadiuveranno alla declamazione i poeti Alessio Patti, Antonino Magrì, Giusy Di Mauro, Francesca Privitera e i giovani attori, Marco Arena, Angelo Ariosto e Giovanni Curia Viglianisi.
L’evento è patrocinato dal Comune di Giarre, dalle associazioni culturali “Sicilia Cori Miu”, “Associazione MarranzAtomo”, “Accademia Della Lingua Siciliana”, “Società Giarrese di Storia Patria e Cultura”, Sto.Cu.Svi.T. (Storia Cultura & Sviluppo Territoriale – Santa Venerina) e dai “Cavalieri di Malta” O.S.J., rappresentati dal loro ambasciatore Pino Parisi.
Giorno 15 febbraio 2019, alle ore 11, Alessio Patti e tutti i suoi collaboratori, attori e musicisti, alla presenza di autorità, tv e giornali, organizzano una conferenza stampa che si svolgerà presso il “Salone degli specchi” del Comune di Giarre, nella quale introdurranno l’opera di “Romeu e Giulietta” traslata in lingua siciliana.
Un teatro innovativo che, contaminando i personaggi, mescola le carte della vita con coraggio.
Ho assistito all’adattamento di Francesca Ferro di “Romeo Q Giulietta”, la tragedia di William Shakespeare, che ha utilizzato la mia traslazione dell’opera in lingua siciliana.
Il primo impatto è stato quello di vedere ribaltata la suggestione emotiva che ci si aspettava di vivere nella più classica delle rappresentazioni passionali. Farcire l’opera di dura “attualità” ne ha rivoltato da subito gli equilibri. Un Romeo che si toglie la vita con un’overdose fornitagli da un immigrato di colore e Giulietta che lo segue sparandosi un colpo di pistola in testa, ci riconducono a fatti di attualità tanto vicini a noi da non avvilupparci certamente nell’incanto ma da scuoterci come una sberla che ti colpisce la guancia.
Così, prima di esprimere un giudizio obiettivo e sincero, ho dovuto lasciare sedimentare la scelta artistica della regista tutta la notte dentro me e riflettere, perché ella ha costretto il pubblico ad uscire fuori dal miraggio poetico e aggraziato dell’opera originale, pur usando la calda e tenera mia traslazione in lingua siciliana, e lo ha lasciato piombare violentemente, senza sconti, senza pietà, nel desolante e devastato mondo dei paludati quartieri catanesi più difficili, tra droga, prostituzione e delinquenza.
Gli archi della critica più pesante e severa erano già tutti tesi, pronti a colpire – questa rivisitazione personalissima può non piacere – ma la regista ha saputo indossare l’usbergo pesante del “nuovo” modo di fare teatro mobile per presentare l’opera trasformata e spogliata d’ogni grazia e darle una piega capace di raggelare lo spettatore e le sue attese. E vi è riuscita. Di solito si cerca di epurare il brutto restituendo soltanto il bello. Francesca Ferro invece, coraggiosamente, ha fatto il lavoro contrario, ha tolto il bello e la grazia da una storia mitica ponendola nel lordo e nel contaminato di una parte d’umanità che, sola, procede il suo percorso di vita ma non rinuncia ai sentimenti.
Allora, alla luce di queste osservazioni, io credo che sia necessario l’epicrisi finale sull’opera e non i tanti parziali giudizi che nascono osservando man mano l’evolversi delle crude scene; che sia necessario affermare che soltanto il teatro talentoso sa giocare con le ambiguità della scena per dire alle volte, nella maniera più cruda e violenta, che l’amore non è prerogativa solo dell’incanto e della poesia, ma è il riscatto di tutti coloro che vivono nei sobborghi, in luoghi di povertà e violenza, di coloro che non hanno grazia nella lingua e nel corpo. In tutti costoro Francesca Ferro, in modo sorprendente, ha fatto rilucere l’amore negli ingombranti corpi della realtà umana.
Alessio Patti
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