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Sono siciliano!

Alessio Patti

POETA, DRAMMATURGO, COMMEDIOGRAFO E TRADUTTORE IN LINGUA SICILIANA

Sono siciliano e abito nell’isola più bella al mondo, nella magica terra che ha attraversato millenni di storia nutrita dal suo popolo, dai miti e dallo speciale cammino umano, artistico e poetico che l’ha contraddistinta.
Natura, grano, sole e mare; l’Etna e la lingua madre delle genti; e ancora filosofia, letteratura, arte, teatro, poesia, pittura, scultura, scienza e musica, sono queste alcune delle meraviglie e dei doni della Sicilia destinati non soltanto ai siciliani ma ad ogni uomo che in pace metta piede in quest’isola sorta dallo spirito e dal desiderio di bellezza di Dio.

 

Pirchì tuttu st’amuri?

Pirchì tuttu st’amuri?

Pirchì tuttu st’amuri?
S’avissi pruvatu chiù picca senzi pi idda,
n’avissi mpastatu accussì a funnu
lu me corpu nta chiddu so,
attravirsatu dd’ustinata ciacca
ca mi purtau drittu a lu so cori.

M’addumannu pirchì tuttu st’amuri?
Puru vulennu, arreri non pozzu chiù turnari,
né arriparari a la me scelta
e amarila chiù picca.

Non pozzu chiù mancu dari sullevu
a ddu disìu ca ju haiu di idda,
né custrìnciri lu me sangu
a non addivintari spina c’astruppìa li vini
quannu idda non c’è.

Pirchì tuttu st’amuri?
Pirchì non pozzu sdillavari stu sintimentu
rinnènnilu affilimmatu, disubbidennu
a la dilizia di li so’ carizzi?
Mi sentu comu a ‘n pupu di pezza!

Vulissi suttrarri piaciri e puru
prufunni suspiri a l’arcova
e, quannu stritti a lu còitu,
ammustrarimi ‘n jarzuni spràtticu,
ma nenti, non c’è nudda cosa ca ju pozzu fari.
Pirchì dunca tuttu st’amuri?

(Alessio Patti – Catania, 8/3/2022)

Perché tutto questo amore?

Perché tutto questo amore?
S’avessi provato meno sensi per lei,
non avrei intriso così a fondo
il mio corpo nel suo,
attraversato quel meato suggestivo
che mi ha portato dritto al suo cuore.

Mi domando perché tutto questo amore?
Pur volendo, indietro non posso più tornare,
né riparare alla mia scelta
e amarla di meno.

Non posso neanche più molcere il desio
che ho io di lei,
né costringere il mio sangue
a non diventare spina che ferisce le vene
quando lei non c’è.

Perché tutto questo amore?
Perché non posso diluire quest’ardore
rendendolo placido, contravvenendo
alla delizia delle sue carezze?
Mi sento incapace!

Vorrei sottrarre piacere e pure
forti sospiri al talamo,
e, quando stretti dal coito,
mostrarmi uno scugnizzo alle prime armi,
ma nulla, non c’è alcunché che io possa fare.
Perché dunque tutto questo amore?

(Alessio Patti – Catania, 8/3/2022)

Mythikós – Antologia in lingua siciliana di miti greci – di Alessio Patti

Siciliani (e non), compagnie di teatro, associazioni, attori e attrici, cantanti, alunni delle scuole medie e superiori, fatevi un dono e leggete quanto di più tragico e affascinante sanno offrire le tragedie greche traslate in lingua siciliana.

Buona lettura!

Caro “Mythikós“, quando il lettore ti sfoglierà e scoprirà come tutto quanto si conosceva sui miti greci è adesso rivestito di nuova luce e nuova lingua, nuove emozioni e nuovo incanto, non gli sembrerà vero di trovarsi come recente un’opera antichissima; come vivi, i protagonisti scomparsi di straordinarie epopee. Nessun lettore potrà scoprire cosa si cela nelle tue pagine, se non ti fa suo e non ti legge fino all’ultimo rigo.

Preziose sono soprattutto le Prefazioni di Massimo CostaLoredana Marino e Giovanni Vecchio, che ringrazio per il loro prezioso apporto.

Mythikós – Antologia in lingua siciliana di miti greci – di Alessio Patti.

Per chi volesse acquistare un volume di cultura classica (alcune tra le più riconosciute tragedie greche) traslata nel siciliano aulico di oggi, scelga Mythikós, e si aprirà innanzi uno scenario mitologico fantastico.

Viculu Sacramentu – di Alessio Patti (Romanzo popolare dedicato al popolo di Sicilia)

Viculu Sacramentu – Romanzo dedicato al popolo di Sicilia, di Alessio Patti.

 

E’ un romanzo profondamente verista, dal sapore antico e colmo di sentimenti contrastanti; è l’antitesi tra bene e male di un popolo che ha attraversato i percorsi dell’anima vivendoli dentro e fuori le piccole case di Viculu Sacramentu, dove la vita, la morte, l’amore e i sentimenti sono raccontati con autenticità, senza velature, in alcuni tratti in modo spietato, in altri vestito di sana ironia, in altri ancora di poesia, di lotta contro “lu malu virsèriu” (il mal destino) che attraversa la vita di tutti i personaggi del romanzo, in special modo quella del “pazzo”, il più savio di tutti loro, che è costretto al delirio (anche a quello di Dio, “lu sdilliriu di Diu”) per difendersi dalla società che lo emargina e non gli fa giustizia.
Poi c’è l’amore, in ogni respiro, in ogni gesto, in ogni passo che tutti i protagonisti del racconto compiono nelle strade e nei crocicchi attorno a Viculu Sacramentu.
E per finire, in questa nuova versione, è allegata una corposa “iconografia” che racconta in immagini tutto il romanzo, offrendoci antichissime e preziose testimonianze fotografiche della città di Catania, e ancora il mare, la terra, la montagna e la città vecchia nel cuore vivo delle sue piazze e nei sobborghi più poveri e popolati dove, su tutte, fa bella mostra di sé la più famosa delle sue straordinarie “putie” (osterie), quella di “Don Cicciu Cannuni“.

Viculu Sacramentu è corredato da moltissime note in lingua italiana e centinaia a piè di pagina, al fine di rendere fruibile la lettura anche ai non siciliani.

Viculu Sacramentu non è dunque un romanzo solo da leggere, è anche un entrare nella vita, nell’amore e nelle antinomie di un popolo straordinario; è un’emozione tutta da sperimentare, un incanto dal quale non si vuole più uscire.

Note dei Professori, Massimo Costa e Gregorio Monaco

Prefazione del Prof. Giovanni Vecchio.

Link acquisto volume: https://www.lafeltrinelli.it/libri/alessio-patti/viculu-sacramentu/9791259680471

Lucenti – di Alessio Patti

LUCENTI – di ALESSIO PATTI

Ai siciliani di tutto il mondo e ai simpatizzanti della lingua siciliana:

E’ stata pubblicata la mia nuova fatica di traslazione in lingua siciliana: “Lucenti”; un percorso didattico e culturale per le scuole elementari, medie e superiori.
Essendo costretti a restare a casa per la pandemia Covid-19 e i ragazzi siciliani di tutto il mondo a studiare nella loro stanzetta a distanza, perché non approfittare per acquistare un testo formativo (nella misura A4) i cui contenuti introducono facilmente alla letteratura siciliana, a quella nazionale e internazionale tradotte in lingua aulica siciliana?
“Lucenti” è un’occasione speciale per riempire l’anima non solo di angoscia e paura ma di testimonianza della cultura, dei fantastici monologhi del bel cinema e di stralci di opere classiche filtrate nella lingua madre delle genti, il siciliano.
Approfittatene, giacché non è più lecito ad alcuno dire che non è possibile imparare e studiare la lingua siciliana per mancanza di supporti didattici; adesso ci sono e sono pronti all’uso.
Date corso al vostro interesse voi che siete giovani scolari, alunni delle medie e allievi dei licei siciliani e del resto del mondo che – sposando il progresso – amate confrontarvi attraverso la radice culturale del vostro popolo con tutte le altre culture nazionali ed estere.

La lingua siciliana finalmente è per voi qui, in “Lucenti”. Approfittatene!

Buona lettura e buon studio!
Autori di opere di letteratura, cinema e teatro traslati in lingua siciliana presenti in “Lucenti”:

Saffo – Pericle – Euripide – Platone – Marco Tullio Cicerone – Gaio Valerio Catullo – Publio Ovidio Nasone – Lucio Anneo Seneca – Aulo Gellio – Lucio Apuleio – Sant’agostino – Sibilla Aleramo – Chiara Rossi Collevati – Hermann Hesse – Maruti Kampli – Dante Aligheri – Giacomo Da Lentini – Stefano Protonotaro – Francesco Petrarca – Giovanni Boccaccio – Wilhelm Nietzsche – Khalil Gibran – Charlie Chaplin – Charles Bukowski – Wislawa Szymborska – Ernesto Che Guevara – Oriana Fallaci – Alda Merini – Roberto Benigni – Steve Jobs – Gabriele Corsi – Luigi Pirandello – Roberto Rossellini – Luchino Visconti – Mario Monicelli – Federico Fellini – Alberto Sordi – Richard Matheson – Luigi Magni – Ettore Scola – Tony Cucchiara – Francis Ford Coppola – Massimo Troisi – Paolo Sorrentino.

Silloge siciliana – Francesca Privitera declama i versi di Alessio Patti

Francesca Privitera interpreta i versi di Alessio Patti in “Silloge siciliana”

 

Traduzione dei testi (solo per i lettori fuori isola) dal siciliano all’italiano declamati da Francesca Privitera.
Madre delle genti

Amo definire la Sicilia “Madre delle genti”, poiché soltanto chi l’ama davvero è suo figlio e non ha importanza la sua origine, il colore della pelle, la religione, la cultura e lo stato sociale di chi la abita, conta soltanto l’Amore per la Sicilia: carta d’identità per entrare e uscire dal suo Paradiso da uomini liberi.
Sappiatelo!

Amo questa bella terra siciliana con tutto me stesso e con ogni sentimento e poesia e la ringrazio per la dolcezza che mi ha regalato già dal primo giorno di vita.Mi ricordo quando venni al mondo, vidi accanto a me tre mammelle: due erano di mia madre, l’altra della Sicilia, che mi disse: – Allatta innanzitutto al seno di tua madre e poi al mio; anch’io ti darò zucchero e miele, arte e passione, fuoco e ardimento e una carezza d’Amore.

La Terra di Dentro

Pochi conoscono la Terra di Dentro perché distratti dalla terra di fuori; è un fatto naturale, visto che viviamo vedendo. È la maturità che poi ci fa scoprire un’altra vista, molto più interiore e capace di penetrare il giardino dell’anima, la meraviglia che sta dentro di noi.
Chi svela l’anima non scopre il mondo interiore ma l’intero universo, ogni forma di vita e di conoscenza; sicché un solo sussulto dell’anima fa sussultare tutto il Creato, un solo spiraglio di luce fa illuminare l’intero universo; chi scopre l’anima non ha bisogno di attese, risorge subito.

Guardatemi, son io!

Guardatemi, son io!
Ho danzato per voi tra le ombre della notte
e adesso non mi riconoscete?
Possono questi stracci che cingo estinguere
il volto amico?
Guardatemi negli occhi stanchi e
se il mio sguardo non supera il verso
non vi ho mai donato poesia.
Il mio sguardo è tenero e di voi
sempre innamorato, giacché dell’Amore
i poeti s’innamorano continuamente.
Eccomi, son io! Non mi riconoscete?
Ho pianto per voi ogni giorno contorcendomi
nel pensiero, e adesso non mi riconoscete?
Possono queste mie suppurate ferite
farvi indugiare lontano da me?
Eppur ho scritto per voi versi come pianto
che pulisce gli occhi al cielo e che
vi hanno fatto innamorare senza che voi
deste nulla.
Guardami son io, neppure tu mi riconosci?
Eppur di carezze ti ho colmato.

Maieutiké

Il primo oceano
mi creò figlio d’anima,
fiato ed essenza;
il secondo, di color bianco,
nutrì di nettare le mie labbra;
il terzo, di carezze il mio volto.
Maieutiké, vecchio e
svigorito oceano di tenerezza,
fondamento ancor e spirito di vita,
su quel letto
a pascolar le ore e di bellezza
a trattener ricordi.
Varco dolcemente il tuo sonno,
mentre m’avvicino… e tu non sai
che ti ammiro come t’ammirai
il primo giorno della vita.
Madre, ti amo!
Lascia che sfiori la tua canizie,
che ti accarezzi il volto mentre
il tuo sonno accarezza il mio.
Un bacio a te, paradiso
senza fine, rosa senza spine.

Prosa e poesia di Alessio Patti

https://www.facebook.com/alessiopattilinguapoeticasiciliana/videos/3974887652526188

 

Amu cu sugnu sulu quannu sugnu cu tia – di Alessio Patti

Amu cu sugnu sulu quannu sugnu cu tia

Amu cu sugnu
sulu quannu sugnu cu tia.
Comu nsettu ntrappulatu ni l’ambra
è lu me amuri nnintra a chiddu to;
è ustinatu, nsistenti
nta l’attruzzari cuntinuamenti
li to’ capricciusi labbra
fatti di celu e di biddizza;
è ravagghiusu lu me amuri ed è ribellu,
pirchì zoccu non apparteni a tia
lu discaccia e di la razia ca t’adorna
rimanna arreri li tinti ùmmiri di lu distinu.
Ju t’amu, tu m’ami!
Eccu lu sulu privilegiu di l’amuri:
spalisarisi; nent’àutru,
né prufumu di jersuminu né
càudi stizzi di piccanti suduri né
frischi lacrimi di cummozioni.
Amu cu sugnu
sulu quannu sugnu cu tia.
Comu saitta ca firisci scorcia d’àrvuru
è lu me amuri nnintra a chiddu to;
rèsina e balsamu: una
è l’accullurata ambra,
l’àutru l’ammagaratu nsettu.

(Alessio Patti – Catania, 15 settembre 2020)

Amo chi sono solo quando sono con te

Amo chi sono
solo quando sono con te.
Come insetto intrappolato nell’ambra
è il mio amore nel tuo;
è pervicace, insistente
nel rasentare continuamente
le squisite tue labbra
fatte di cielo e di bellezza;
è gagliardo il mio amore ed è indomito,
perché ciò che non è come te
lo ricusa e dalla grazia che ti adorna
respinge le ostili ombre del destino.
Io t’amo, tu m’ami!
Ecco il solo privilegio dell’amore:
manifestarsi, null’altro; né
profumo di gelsomino né
calde gocce di piccante sudore né
fresche lacrime di commozione.
Amo chi sono
solo quando sono con te.
Come saetta che trafigge corteccia d’albero
è il mio amore nel tuo;
resina e balsamo: una
è la colorata ambra,
l’altro l’ammaliato insetto.

(Alessio Patti – Catania, 15 settembre 2020)

Nta lu nomu di lu patri – di Alessio Patti

Nta lu nomu di lu patri

Raffinatu, chinu di ciarmu,
attraenti e accippatu
e carricu di suffirenza,
fustivu me patri;
pi tanti, un ostaculu.
Vanitusu, sfruntatu,
superbu e priputenti
pirchì gluriusu e assai beddu.
Nta lu vostru nomu
si dissiru paroli duri,
di cu’ usau lu verbu
senza capiri ca
l’amuri e lu ribummu di l’anima
si pirpetuanu ogni vota ca
si penza a lu patri, a lu so nomu.
Oh, patri!, l’amuri miu pi vui,
ammugghiatu di straurdinaria purizza,
è ‘n reliquariu ca non po essiri vintu
d’ogni ragiuni, giustizia e vinnitta;
e lu vostru nomu e la vostra effigi
restanu nti mia sullenni,
d’una finizza e ricchizza furmidàbili,
cu puru ca foru scuncicati di la mala sorti,
ancora fermi e vagghiardi nta lu me cori.

Alessio Patti (Catania, 19 settembre 2020)

Nel nome del padre

Raffinato, zeppo di fascino,
adorabile e vigoroso
e ridondante di sofferenza,
fosti mio padre;
per molti, un ingombro.
Vanitoso, irriverente,
superbo e prepotente
perché glorioso e bellissimo.
Nel nome tuo
si dissero parole dure,
di chi ha usato il verbo
senza capire che
l’amore e il riecheggio dell’anima
si perpetuano ogni qualvolta
si pensi al padre, al suo nome.
Oh, padre!, l’amore mio per te,
avvolto d’ineffabile candore,
è un reliquiario inespugnabile
da ogni ragione, giustizia e vendetta;
e il tuo nome e la tua effigie
sono rimasti in me solenni,
d’una sottigliezza e ricchezza formidabili,
malgrado provocati dalla malevola sorte,
ancora saldi e possenti nel mio cuore.

Alessio Patti (Catania, 19 settembre 2020)

https://youtu.be/TS57GJv3B9M

Miu amuri! – di Alessio Patti

Miu amuri!

Ca ju addiventu orvu
finu ad attruvarimi ntramatu a ‘n filu,
li me’ labbra discinninu
comu fogghi morti,
lenzi addivèntanu li me’ manu,
fraccu lu me corpu
e ncapaci di ritèssiri parola,
siddu m’è nijatu
d’ammirari lu to aspettu,
di vasari li to’ labbra,
d’accarizzari la razia
e la biddizza di lu to pettu;
d’amariti cu ducizza
a lu junciri d’ogni to rispiru
e di scriviri nta ogni me puisia,
nta l’ultimu versu, “Miu amuri!”

Alessio Patti (Catania, 24 agosto 2020)

Mio amore!

Ch’io diventi orbo,
fino a divenir logoro,
le mie labbra discendano
come foglie morte,
lise divengano le mie mani,
fiacco il mio corpo
e incapace di ritessere parola
se m’è negato
d’ammirare il tuo sembiante,
di baciare le tue labbra,
di carezzare la grazia
e la bellezza del tuo seno,
d’amarti dolcemente
al levarsi d’ogni tuo respiro
e di scrivere in ogni mia poesia,
nell’ultimo verso, “Mio amore!”.

Alessio Patti (Catania, 24 agosto 2020)

https://youtu.be/xnndemFxMnE

S’idda tuccassi a mia – di Alessio Patti (musica e canto di Alberto Marchetti)

S’idda tuccassi a mia – di Alessio Patti

La poesia di Alessio Patti nel fantastico nuovo album del cantautore romano Alberto Marchetti “La Musica Dell’onda”.

S’idda tuccassi a mia

 

A la plaja, tra suli spacca petri

e celu celesti chi accarizza,

vitti na jarzunedda assittata supra a rina.

M’avvicinai a l’occhi so’… Chi maravigghia!

Avevunu di li rocci lu ruventi culuri

e di li fogghi tirrusi li sfumaturi.

Spirlucìavanu di malìa e di suli a la calàta.

Ch’era bedda, Diu miu!

Idda tuccava lu mari,

e lu mari si jincheva di prijizza.

Tuccava la rina,

e la rina si jincheva di scuma di stiddi.

E ju pinsai…

cu sapi chi succidissi sidda tuccassi a mia?

(Alessio Patti, Catania 17 luglio 1977)

Se lei mi toccasse

 

In spiaggia, tra sole rovente

e cielo azzurro che carezza,

seduta sulla sabbia vidi una fanciulla.

M’approssimai ai suoi occhi… Che meraviglia!

Avevano delle rocce il rovente colore

e delle foglie terrose le sfumature.

Erano magicamente illuminati di sole che tramonta.

Com’era bella, Dio mio!

Toccava il mare,

e il mare si colmava di gaudio.

Toccava la sabbia,

e la sabbia si colmava di schiuma di stelle.

Ed io pensai…

chissà che cosa accadrebbe se lei mi toccasse?

(Alessio Patti, Catania 17 luglio 1977)

https://youtu.be/zk8dk2q6yzs
https://youtu.be/ScsLiLtWRx8

Le opere di traslazione di Alessio Patti

Le opere di traslazione in lingua madre siciliana di Alessio Patti in tutte le librerie on line.

Fatevi un regalo importante: regalatevi e regalate cultura

https://www.hoepli.it/libro/tuttu-mparammu-di-l-amuri-antologia-di-grandi-poeti-traslati-in-madre-lingua-siciliana/9788893498197.html?utm_medium=displayRET&utm_campaign=retargeting&utm_source=criteo#tblciGiB-225uopSjh1ebfA_umIEZiSqzS872Tvn-5v9f6Hs86iDQ_D4

Maria Rita D’Amico – legge Alessio Patti

La bellezza del verso siciliano

Amore per la poesia si concretizza nella mia attività artistica spessissimo nel gemellaggio con artisti che mi onorano della declamazione dei miei versi.
In questo periodo nel quale siamo stati tutti sottoposti alle strette regole anti Corona virus, io e altri amici artisti non ci siamo lasciati abbattere dallo stress e abbiamo continuato da casa a lavorare con l’entusiasmo di sempre realizzando progetti di valore.
MARIA RITA D’AMICO è una protagonista del teatro siciliano con la quale da tempo collaboriamo attraverso i progetti culturali dell’Associazione “Sicilia cori miu”.
Mi ha fatto dono della declamazione di alcuni miei versi e di traslazioni in lingua siciliana che ho realizzato di grandi autori.
Dono che mi piace oggi passar di mano a voi attraverso una inedita video-poesia da me realizzata recentemente che spero possiate passare di mano ad altri condividendola.

Buona visione!

Grazie Maria Rita D’Amico 🙂

Nfatatu amuri

Mi fazzu àrvuru
si tu fogghia d’àrvuru ti fai,
ma si pi ‘n pircantu risinu tu addiventi,
ju pi malìa mi fazzu ciuri.
Si pi mia raju di suli tu ti fai,
vòria mi fazzu ju pi tia.
E si tu, amuri miu,
pi ciarmu addiventi celu,
ju pi tia mi fazzu aurusa stidda.

(Alessio Patti)

Maieutiké

Lu primu oceanu figghiu d’arma mi fici,
ciatu ed essenzia;
lu sicunnu, di jancu culuri, nutricau di nèttari la me vucca;
lu terzu di carizzi la me facci.
Maieutiké, vecchiu e fraccu oceanu di tinirizza,
funnamentu ancora e spiritu di vita,
supra a ddu jazzu a pàsciri l’uri e di biddizza a trattèniri ricordi.
Travàlicu cu ducizza lu to sonnu, mentri m’allatu…
e tu non sai ca t’ammiru comu t’ammirai lu primu jornu di la vita.
O ma’, t’amu! Lassa c’attruzzu li to’ capiddi janchi,
ca t’accarizzu la facci nnamentri lu to sonnu accarizza chidda me.
’N vasuni a tia paradisu senza fini,rosa senza spini.

(Alessio Patti)

Traslazioni di opere a cura di Alessio Patti

Roberto Benigni

Quanto t’ho amato

Quantu t’haju amatu

Si tu m’avissi addumannatu: “Comu stai?”. Si tu m’avissi addumannatu: “Unni jemu?”, t’avissi arrispunnutu: “Beni, certu lu sai”, ti parru però senza ciatu, mi perdu nta la to vardata colossali, la stidda pulari si’ tu: m’attruzzi e arridi, no, accussì non vali, non parru e si parru poi staju mali.
Quantu t’haju amatu e quantu t’amu non lu sai, e non lu sai pirchì non ti l’haju dittu mai, cu puru ca restu mutu, tu lu capisci di tia stissa. Quantu t’haju amatu e quantu t’amu non lu sai, non l’haju mai dittu e non lu dicu mai: nta l’amuri li paroli non cuntanu, cunta la musica. Si tu m’avissi addumannatu: “Chi fai?”, si tu m’avissi addumannatu: “Unni jemu?”, t’avissi arrispunnutu: “Unni lu ventu va”, li nùvuli fannu ’n raccamu, mi chiovi supra a la testa ’n timpurali, lu celu ammucciatu si’ tu, ma poi scumpari ’n menzu a li paroli, pi chissu ju non parru e poi staju mali.
Quantu t’haju amatu e quantu t’amu non lu sai, e non lu sai pirchì non ti l’haju dittu mai, cu puru ca restu mutu, tu lu capisci di tia stissa. Quantu t’haju amatu e quantu t’amu non lu sai, non l’haju mai dittu e non lu dicu mai: nta l’amuri li paroli non cuntanu, cunta la musica. Quantu t’haju amatu e quantu t’amu non lu sai, non l’haju mai dittu ma ’n jornu capisci: ni l’amuri li paroli non cuntanu… cunta la musica.

Michelangelo Buonarroti
(poeta, pittore e scultore italiano, 1475 – 1564)

Chi cos’è chissu, amuri?

Comu po essiri ca ju non sugnu chiù miu?
O Diu, o Diu, o Diu!
Cu’ mi livau a mia stissu,
ca a mia chiù vicinu fussi chissu
o putissi fari chiù ca pozzu ju?
O Diu, o Diu, o Diu!
Comu fa a passarimi lu cori
ca pari ca non mi tocca?
Chi cos’è chissu, Amuri,
ca di l’occhi junci a lu cori,
ca nta spaziu accussì nicu crisci;
e capita ca trabucca?

Giacomo Leopardi
(poeta italiano, 1798 – 1837)

Lu infinitu

Sempri cara mi fu sta sdiserta timpa,
e sta sipala, ca di tanta parti
di l’ultimu orizzonti lassa fora la taliata.
M’assittannumi e vardannu, smisurati
spazi chiù avanti, e supramani silenzi, e prufunna cheti
ju nta lu pinzeru mi finciu; unni pi pocu
lu cori non si spagna. E comu lu ventu
sentu scrùsciri tra sti pianti, ju ddu
smisuratu silenziu a sta vuci
vaju cunfruntannu: e mi suvveni l’eternu,
e li stagiuni morti, e la prisenti
e viva, e lu sonu d’idda. Accussì ni sta
nfinità s’annija lu me pinzeru:
e lu naufragari m’è duci nta stu mari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tuttu mparammu di l’amuri – di Alessio Patti

Antologia di Grandi Poeti traslati in Lingua Madre Siciliana

“Tuttu mparammu di l’amuri
alfabetu, paroli,
’n capitulu, lu libru putenti”.
*
“Ca sia l’amuri tuttu chiddu ca esisti
e zoccu sapemu di l’amuri
e po bastari ca lu so pisu è
tantu quantu la traccia ca lassa nta lu cori”.

Emily Dickinson

Prima di copertina
Quarta di copertina

La poesia ha mille interpreti, mille voci, e non tutte si possono udire, o leggere nel tempo. Non tutte sono urli, squarci di memoria impressi nel cuore della gente.
Non tutte sono gemme preziose, rubini incastonati nella pelle, come lunghe cicatrici che segnano un confine fra il passato e il presente; ma ognuna di esse ha una storia, un particolare, che dona alla poesia la capacità (unica nel suo genere, e che la differenzia dalle altre arti) di essere non solo capita, ma percepita come propria, anche quando è scritta da un’altra mano, da un altro cuore, da un’altra voce. Così grazie alle varie lingue diventa comune, e nel suo grembo è accolta come un inestimabile tesoro
”.
Davide Cautiero (poeta)

Saffo
(poetessa greca 640 A.C. – 570 A.C.)

A mia pari uguali a li dèi

A mia pari uguali a li dèi
cu’ a tia vicinu accussì aurusu
sonu ascuta mentri tu parri
e ridi cu ducizza. Nta lu pettu
sùbitu mi s’àgita lu cori
appena sulu ca ti vardu, e la vuci
si ritira nta la lingua ca si fa muta.
‘N focu smèusu mi curri sutta peddi,
e haju scuru nta l’occhi e lu ribummu
di lu sangu nta l’aricchi.
E tutta ‘n suduri e trèmula,
comu erva patuta sculuru:
e morti non mi pari luntana
a mia rapita di menti.

1 – A me pare uguale agli dèi – A me pare uguale agli dèi /chi a te vicino così
dolce /suono ascolta mentre tu parli /e ridi amorosamente. Subito a me /il
cuore si agita nel petto /solo che appena ti veda, e la voce /si perde nella
lingua inerte. /Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, /e ho buio negli
occhi e il rombo /del sangue nelle orecchie. /E tutta in sudore e tremante /
come erba patita scoloro: /e morte non pare lontana /a me rapita di
mente.

1 – S. Quasimodo, Poesie e Discorsi sulla Poesia, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1971.

“Empìriu” e “La Lupa”, le due novità editoriali di Alessio Patti

Novità editoriali!

La bella letteratura in lingua siciliana

Da qualche giorno sono presenti nei siti specializzati alla vendita di libri e in quello dell’editore Etabeta, di Alessio Patti l’ultimo romanzo in lingua siciliana “Empìriu” (uno straordinario racconto che ci introduce in modo nuovo nella dimensione dei miti greci, questa volta rivestiti dall’aulica e musicale lingua siciliana) e la traslazione del dramma di Giovanni Verga “La Lupa“.
Due opere magnifiche che sono il frutto della passione e dell’impegno del nostro poeta, scrittore e traslatore in lingua siciliana: Alessio Patti.
Chiunque volesse acquistarli direttamente dal sito dell’editore si colleghi a questi link:

https://www.etabeta-ps.com/libreri…/emp%C3%ACriu-detail.html

https://www.etabeta-ps.com/libreria-onl…/la-lupa-detail.html

Euro 10:00 cad.

Di lu so meli addifennu ogni parola – di Alessio Patti

8 marzo 2020 – Festa della donna

Di lu so meli addifennu ogni parola – di Alessio Patti

Con la speciale partecipazione di Antonella Zerbo nella declamazione (audio) della versione tradotta in lingua italiana.

Di lu so meli addifennu ogni parola

Ca lu cori vi discacci, crudili ùmmiri!
Di lu me beni assai vi pigghiastivu,
e allupati addumannati d’aviri puru lu cori.
No, vi preju, non attruzzati lu sacru so bàttitu,
giacchì ddà di la so peddi arripustai lu ciauru,
di l’occhi beddi so’ lu lucenti e di lu nostru amuri
ogni tinnirizza, attruzzu e ciciulìu.
Jiti luntanu di lu cori, tènibri; scugnativi
di la mimòria d’idda e di lu so aggraziatu pettu
c’havi nutricatu ogni me versu; scugnativi
e non m’arrubbati li trimulizzi di lu cori,
la razia e ogni liniamentu di la so giùvintù,
poi ca di lu so meli addifennu ogni parola,
ogni “Ti amu”, comu lu “Ti amu” di Diu
fattu di lu stissu Amuri a ogni nostru pàlpitu.

(Alessio Patti – Catania, 8 marzo 2020)

Del suo miele difendo ogni parola

Che il cuore vi cacci, crudeli ombre! Del bene mio molto vi siete presi, e voraci reclamate di avere anche il cuore. No, vi prego, non sfiorate il suo sacro battito, giacché lì della sua pelle ho riposto la fragranza, dei suoi begli occhi il fulgore e del nostro amore ogni tenerezza, tocco e bisbiglio. Via dal cuore, tenebre; distanti dalla memoria di lei e dal suo morbido seno che ha allattato ogni mio verso; state lontane e non mi rubate le pulsazioni del cuore, la grazia e ogni lineamento della sua giovinezza, poiché del suo miele difendo ogni parola, ogni “Ti amo”, come il “Ti amo” di Dio fatto dello stesso Amore ad ogni nostro batticuore. (Alessio Patti – Catania, 8 marzo 2020)

“Ogni uomo protegga la propria donna prima di tutto da se stesso e dalle ombre minacciose che spesso lo spingono a maltrattare colei che non va celebrata in un giorno qualunque dell’anno, ma protetta nel cuore in ogni istante della vita. La POESIA ci aiuta a capire come educare i nostri istinti all’amore e di non alzare mai il pugno liberando l’animale che c’è in noi. Fidatevi del cuore e del verso e offriteli a colei che amate e a tutte le altre donne, giacché in esse riposa il creato, il sentimento e la stessa vita”. (Alessio Patti)

Romeu e Giulietta

Anche oggi, come nello stesso periodo di un anno fa, le emozioni continuano a prendere il sopravvento rimembrando i momenti salienti della storia d’amore più bella al mondo.
Era la prima presentazione della mia traslazione in lingua siciliana di “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. Successivamente ne sono seguite altre con un altro cast di attori e declamatori.
Entrambi i momenti teatrali mi riportano sul palco a l’incanto della scena e, resistenti, non vogliono da lì ancora oggi abbandonare gli occhi.
E penso… Penso a quant’è bella la lingua poetica siciliana quando è porta delle labbra di artisti professionisti come lo sono stati i nostri bravissimi Ornella Brunetto e Daniele Bruno. E così anche tutte le altre attrici e gli altri attori venuti dopo di loro.

Romeu e Giulietta

Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti dell’opera d’amore più bella di William Shakespeare:

“Romeo e Giulietta”.

Nuova edizione 2020

O Romeu, Romeu! Pirchì si’ Romeu?
Sdigna a to patri e sdigna lu to nomu; o, siddu non voi fari chissu, giura sulu di essiri lu me amuri, e ju non sugnu chiù na Capuleti.

ROMEU: Oh, talè, idda nsigna a li ciàcculi comu spirluciari. Pari ca penni supra a li fussetti di la notti, comu a na ricca gemma a l’aricchia d’Etiopi. Biddizza di ’n valuri troppu granni pi putiri essiri usata, troppu priziusa pi la terra. La vogghiu a vìdiri, doppu stu ballu; comu fussi filici ju siddu la me manu urdinaria attruzzassi chidda so accussì bedda. Amau mai lu me cori prima di stasira? Nijatilu occhi me’: prima di stasira non visti mai la vera biddizza.

ROMEU (a GIULIETTA, pigghiannila pi manu): Siddu criditi ca ju
scunsacri cu la non digna me manu sta sacra riliquia – piccatu di tutti li divoti -, li me’ labbra chini di russuri, comu a du’ affruntusi pilligrini, sunnu pronti a rènniri chiù duci lu toccu cu ’n tènniru vasuni.

GIULIETTA: Saggiu pilligrinu, vui faciti ’n gravi tortu a la vostra manu, ca non fici àutru ca mustrari bona divuzioni. Puru li santi hannu li manu, e li manu di li pilligrini li ponnu attruzzari; palmu a palmu, eccu lu sacru vasuni di li palmeri.

ROMEU: Ma li santi e li palmeri non hannu iddi labbra?

GIULIETTA: Sì, pilligrinu, ma chiddi sunnu labbra ca servunu pi la
prijera.

ROMEU: Allura, santuzza, lassa ca li to’ labbra fannu zoccu fannu li to’ manu; iddi prejanu, tu dacci ascutu, finu a quannu la fidi non si stracanci nta dispirazioni.

GIULIETTA: Li santi non si movunu, m’accordanu chiddi ca li prejanu.

ROMEU: Allura non ti mòviri, addamentri ca ju cogghiu lu fruttu di la me prijera. (la vasa) Eccu, li to’ labbra purificaru chiddi me’ di lu piccatu.

GIULIETTA: Allura li me’ l’abbra portanu lu piccatu ca purificaru.

ROMEU: Lu piccatu di li me’ labbra? O culpa cu ducizza rimpruvirata! Tòrnimi, dunca, lu me piccatu! (la vasa ancora).

“LUPO” – con Mario Opinato e Giovanni Arezzo, per la regia di Gugliermo Ferro.

LUPO” – Teatro Mobile di Catania – Mario Opinato e Giovanni Arezzo, per la regia di Gugliermo Ferro.
Mia recensione dello spettacolo, su testo teatrale in dialetto catanese di Carmelo Vassallo.

Ho assistito ieri pomeriggio a “LUPO” (tratto dal testo di Carmelo Vassallo), messo in scena da Teatro Mobile di Catania, interpretato dagli eccellentissimi e straordinari attori Mario Opinato e Giovanni Arezzo, per la regia di Guglielmo Ferro.
Uno spettacolo teatrale straordinario, senza ornamenti e fronzoli scenografici: un angolo di un quartiere povero di Catania, un balcone, una parete di panni stesi e poi solo cruda esistenza che rimanda subito ai sentimenti e alle antinomie di chi ha vissuto quelle stesse scene, provato gli stessi sensi di solitudine e versato le stesse lacrime nei quartieri poveri della Catania degli anni ’60/’70.
Una ricostruzione precisa degli aspetti profondi della condizione umana nella quale si esprime la cagionevolezza e l’imbarazzo dell’amore diverso; l’innocenza che si contrappone alla malizia e alla tenaglia culturale prepotente che frantuma la vita e attraversa in modo violento la carne e lo spirito di molti di noi.
Una storia tragica, ma anche colma di tanta poesia, che narra di affetti profondi dove a considerare “malati” i comportamenti dei personaggi che la popolano non è altro che il diniego di una società catanese ancora incapace di guardare al cuore dell’uomo con la sacralità dovuta.
Lui, Lupo, un tipo tenero nella sua irruenza caratteriale; l’altro, Cocimu, un adolescente confuso, smarrito, che cerca “cunottu” (conforto) e che è costretto (come molti altri attorno a lui) a subire l’ignoranza prevaricatrice e aggressiva di compagni di strada, fantocci mascherati da supponenza maschile.
In Lupo, fiero della sua fisicità e forza, ho rivisto la scelta coraggiosa di alcuni personaggi della mia infanzia che privilegiavano al branco la tutela dei deboli contro la spocchia tracotante di supponenti “capi rais”.
L’amicizia di Lupo con Cocimu non è dubbia; egli ama in modo innocente e fraterno il giovane, e lo ama così com’è: un ragazzo incerto che è vittima della claustrofobia dei sentimenti, che è stretto al pugno di una madre assillante che lo costringe ad una vita segregata e oscura. Sceglie pertanto, alimentato dalla innocenza dei grandi, di proteggerlo da tutto e da tutti.
Invece Cocimu scopre qualcosa di “insolito” in lui, di sensi che avvampano quando è a “contatto” con Lupo, di qualcosa che altri considerano un “disordine” e che egli non è capace di accettare o di manifestare se non attraverso quel suo strano abbigliamento che bene lo identifica con gli improperi che riceve continuamente quando si sente dire: “fimminedda”.
E come accade spesso nell’amore confuso uccide ciò che lui ama: prima avvelena la madre e poi ammazza Lupo a coltellate; ma nel pasticcio dei suoi pensieri sente quest’ultimo ogni giorno vivo, sotto il suo balcone prigione, mentre lo chiama la notte per scorrazzare con lui e ascoltare i ricordi del loro peregrinare. E Cocimu ce lo racconta quasi fosse una tragedia shakespereana, senza mai risparmiarci gli aspetti selvaggi e crudeli del suo disagio, senza mai nascondere la pietà che sorge dal suo profondo e la depressione che lo annichilisce.
Insomma “Lupo” è un testo che se ben interpretato, come hanno fatto Mario Opinato e Giovanni Arezzo, e ben diretto come ha fatto Guglielmo Ferro di Teatro Mobile di Catania, diventa opera d’arte dei sentimenti e delle antinomie dell’intrinseco e imperscrutabile carattere dell’uomo.

Alessio Patti

Empìriu – Letteratura classica traslata in lingua siciliana

Da un racconto di Alessio Patti realizzato in lingua siciliana su stralci tratti dalle sue traduzioni de “Agamennuni” di Eschilo, “Elettra” di Sofocle e “Medea” di Euripide.

Prefazione di Giuseppe Parisi

Riporto nel mio blog l’interessante attività promozione di giovani e meno giovani amici che hanno realizzato per me una pagina “Ars populi Sicilia”, nella quale anticipare e proporre le mia attività artistica.
Ringrazio di cuore questi valenti estimatori per il servizio che mi stanno rendendo gratuitamente.

“Avete mai pensato a come i siciliani al tempo dei greci e dei romani recitavano nei loro anfiteatri? In quale lingua?Purtroppo nessuna Testimonianza o testo è giunto a noi nella madre lingua dei siciliani. Adesso però è possibile immaginare come avrebbe parlato in lingua siciliana Clitennestra, Agamennone, Elettra, Ippolito, Cassandra, Egisto, Medea, e molti altri personaggi delle più famose tragedie greche, grazie all’opera meritoria del più appassionato traslatore di grandi opere in lingua siciliana di questo secolo, Alessio Patti.
Anticipazione…
Il nostro impegno come “Ars Populi Sicilia” nei riguardi del poeta, scrittore e traslatore Alessio Patti, è quello di patrocinare le sue attività Culturali (Teatro, Poesia, Letteratura, Musica in lingua siciliana ed altre iniziative) e gli eventi promossi dall’Associazione Gruppo Culturale Letterario “Sicilia Cori Miu” legati alle stesse.
Oggi vi parliamo di un racconto dal titolo “Empìriu”: un tour attraverso tre grandi tragedie greche (Agamennone, Elettra e Medea) nel quale l’autore traccia un percorso immaginario ove fare rivivere le scene più salienti delle tre opere.Presto “Empìriu” sarà pubblicato e a disposizione di quanti vorranno approfondire l’esperienza di leggere stralci di opere così importanti della letteratura classica nella lingua madre delle genti, il siciliano. Presto “Empìriu” diventerà anche un evento da offrire al pubblico in diretta presso un grande anfiteatro siciliano.E ultima chicca… un bravissimo, giovane talento del teatro siciliano, Giuseppe Parisi, grande amico dell’autore, scriverà la Prefazione di “Empìriu” fornendoci il suo punto di vista, le sue impressioni e le tante emozioni che si provano leggendo i grandi classici nella lingua madre dei propri padri.
Alla prossima anticipazione… Grazie!”.

https://www.facebook.com/arspopulisicilia/?modal=admin_todo_tour
Teatro greco a Catania

La Lupa – monologo di Alessio Patti ispirato al dramma di Giovanni Verga

Theda Bara

La Lupa

Lu cuntu di la gnà Pina, màrtiri di lu so stissu piccatu

Monòlogu scrittu in Lingua Aulica Siciliana di

Alessio Patti

Attu ùnicu
scrittu nta lu misi di nuvèmmiru di l’annu 2019

Discrizioni di la scena

Du’ pupi di pezza a misura d’omu assittati nta du’ seggi: unu rapprisenta Maricchia, la figghia di la gnà Pina; e l’àutru rapprisenta Nanni, lu jènniru di cu’ è nnamurata la gnà Pina .

Locu e scenografia

Unni è jè ci sunnu pavimenti di lignu nìuru di ’n tiatru e du’ seggi.

Priàmbulu

La Lupa (la gnà Pina ) cunta qualchi nzinga supra ad idda stissa e a lu so pirsunaggiu.

Eccumi, sugnu la gnà Pina, saputa sèntiri di tutta sta genti di cca comu “La Lupa”. Mi viditi: sugnu àuta e ’n pocu sicca, haju li cianchi stritti e ’n pettu fermu e accippatu di bedda fimmina siciliana, cu puru ca non è chiù giùvini comu a ’n tempu; e ora taliati com’è la me facci: sempri pallida e murtizza, e supra a sta me pallidizza vardati comu spuntanu beddi du’ occhi granni e labbra frischi e russi sempri pronti a manciarivi. Eh, sì, sì, manciu! Eccu pirchì mi chiamanu la Lupa, pirchì muzzicu, arrattu, lazzarìu, squartu, e non m’abbasta nenti e non sugnu mai sazia di nudda cosa. Li fimmini quannu mi ncontranu… ah!, lu signu di la cruci si fannu. Scimuniti (arridi), mi cunsiddiranu na cagna, cu lu me jiri sdisèrramu e suspittusu di la lupa affamata. Sì… haju fami d’amuri e di omini, di mariti e di figghi ca ju m’haju spulpatu nta ’n battiri di cigghia; ju cu li me’ labbra russi comu a lu focu ardenti di l’Etna mi l’haju tirati tutti a mia, arretu a la me gonna. M’abbastava sulamenti vardarili cu la me’ taliata ammagatura pi scunsèntiri la vita d’iddi e darici a tutti frastornu.No, non mi vardati cu disprezzu, non sugnu tinta e mi la fazzu a la larga di la crèsia, pirchì puru ddà Patri Ànciulinu di Santa Maria di Gesù, ’n servu di Diu, persi l’anima pi mia. Chi ruina è pi tutti lu me corpu, la me biddizza, lu me ciàuru di fimmina. Ah! Sugnu biata, ma mi fannu vìviri comu a ’n zappiddu sempri nta lu piccatu!
Diu… Diu, chi mi facisti? Haju scantu di tia e l’assùmmuru riligiusu mi cummogghia tutta e m’astruppìa. Ma l’omini, no…, iddi non m’astruppianu; chiddi sunnu me’, sunnu lu me’ distinu e lu me dramma, sunnu chiddi ca fannu di mia la Lupa; e cu stu me piccari pi iddi, mi portu di ncoddu a mia stissa la pena e lu castìu.
Giuvanni, ca scrissi di mia, chi vi criditi vosi cuntari? Forsi la littiratura allittricuta ca tanti granni auturi vòsiru rapprisintari nta li tanti pirsunaggi illustri? No, non vi ngannati, cuntannu di mia iddu vosi cògghiri nta la genti semplici ancora di chiù ca lu stissu granni dramma di tanti eruini di lu passatu. Difatti a mia non mi desi sulamenti lu disìu di la fimmina pi lu masculu, overu ’n disìu tuttu fisicu e animali, di corpi ca si sciarrianu e si cunsumanu; no, nveci, cu’ scrissi di mia, cu puru mittènnuci ’n ardimentu duminanti, vosi parrari di animi e non di animali.Ci sunnu spiriti tristi, comu a mia, unni lu disidderiu è suffirenza e angia, tristizza di l’anima pi zoccu è amuri mpussibili, comu a chiddu miu pi me jènniru Nanni, beddu comu ’n ciuri e friscu comu l’acqua surgiva. Iddu ogni jornu mi passa a latu e mi varda dritta nta l’occhi ammagaturi e mi dici: – «Chi vuliti, gnà Pina?». A mia mi dici… «Chi vuliti?». Ma a tia vogghiu! A tia ca si beddu comu a lu suli, a tia ca si duci comu a lu meli. Vogghiu a tia!Vardatilu, vardatilu, si scanta puru iddu! Quannu ci dicu ca l’amu, nesci di la cammisa l’abitinu di la Madunnuzza pi signarisi… non si sapi mai!
Sì, sugnu malata, malata d’amuri, e la genti ca mi vidi si scanta e va dicennu ca lu diavulu quannu si fa vecchiu addiventa rumitu anacureta. Ma sbagghianu cu mia, la me solitudini cunta n’àutra cosa ca iddi non ponnu capiri, mancu me figghia Maricchia ca sappi a spusari pi miu vuliri a Nanni. Ad idda ci desi l’omu miu, ca non lu vuleva; a mia, ca lu vuleva notti e jornu, mi lu luvai pi daricillu ad idda. Maricchia… Maricchia figghia mia! Sapissi tu quantu sunnu beddi dd’occhi so’, ddu so pettu e di so’ manu ca sannu accarizzari… Iddu, Nanni, cori miu, ca mi vidi ogni matinu nta lu curtigghiu pallida, dritta e cu lu pettu palumminu e l’occhi nìuri comu a lu carvuni, pronta a bruciari di disìu e a manciarimmilu cu l’occhi… siddiatu, mi dici: – Jitivinni! Jitivinni! Non ci viniti chiù nta lu curtigghiu! Ma Nanni è munzignaru, mi disìa e m’aspetta a la calata di lu suli nta lu picu di la vanedda janca e sicca, pirchì tintatu di lu virsèriu ca lu spinci a farimi so.
C’è di chiù nta sta storia, ma lu restu vi lu cuntu strata facennu (mustrannu a jitu li pupi), ’n cumpagnia di Maricchia e di so maritu Nanni: vita e morti di lu me disìu.
E non vi maravigghiati di sta scena, di sti pinzeri e di sti paroli populani, di st’arti nica ma china di sintimentu, giacchì, comu c’è na littiratura dotta e allittricuta, accussì c’è na littiratura populari, siciliana finu a la midudda, ca po addivintari ricircata siddu ci mittemu la passioni e lu cori.

Scena ùnica

La Lupa cunta

Diàlugu a chiù vuci nta una sula

A parrari è la Lupa.

Qualchidunu dici: – Oh, viniti cca gnà Pina bedda!
E a Nanni: – Chi ni facisti di la gnà Pina ?E (avvicinannusi a lu pupu di Nanni) sintiti… sintiti Nanni chi ci arrispunni:

Nanni: – Ju? Non haju fattu nenti. L’haju forsi attaccata a la currìa a la gnà Pina?

  • No!, ci arrispunnunu l’amici, è idda ca ti curri appressu e ca ti sta arretu a li calcagni.
  • Aviti ragiuni! La culpa è mia! (puitannu) Aviti tutti occhi e non viditi, allura di dd’occhi vostri chi vi ni faciti? (e doppu cu raggia) E a vuàutri lu sapiti chi vi dicu? Cu’ non mi voli, non mi merita!
  • Talè, tale, Nanni visti a me figghia Maricchia e ci sta appizzannu arretu! Sintemu chi ci dici…
  • Nanni: – Viniti cca, Maricchia bedda, vogghiu abballari cu vui!
    Ed idda, povira figghia mia, non ni voli sèntiri, scimunita ca è!
  • Maricchia: – No, scusatimi, non abballu!, ci dici, Vi ringraziu, ma non abballu!, agghiunci ancora tutta scantata la pòvira Maricchia.
  • Oh, la vuliti lassari ’n paci a la me figghia! Finemula! E vuàutri màsculi smittitila di mittirimi li manu di ncoddu facennu finta d’abbuccari ’n terra! E qualchi strèusu m’arrispunni: – Pirchì? Haju li manu ngrasciati? Varda ca ora n’avemu a lavari li manu cu tia! Ca certu, scimunitu! E vui, cumpari Nanni, pigghiativi sta cirasa ca cugghìi a ddassupra nta la vigna. Non mi nteressa ca sputati vilenu contru di mia. La cugghìi pi vui. La vuliti? E vuàutri ca murmuriati vicinu ad iddu, ni vuliti? E allura pigghiatavilla! (jetta nta l’aria la cirasa).
  • Scummettu ca vulissivu essiri manciati di mia comu a sta cirasa, veru?
  • Ed iddi: – Aviti denti ammulati, tantu tagghenti di manciarici li cristiani peddi e ossa!
  • Ma varda a sti fitusi! Tè, pigghia chista! (mima na tumbulata)
  • Unu di chiddi ca murmuriavanu: – Ah! Lupa maliditta, jochi puru cu li manu!, m’arrispunni lu malusurtatu. (s’avvicina a lu pupu di Maricchia e si la strinci nta lu cori).
  • Maricchia: – Matri, matri mia! Chi fu?, mi sta dicennu nta li lacrimi me figghia Maricchia (posa lu pupu di Maricchia nta la seggia).
  • E ancora àutri malalingua: – La maliditta Lupa si la pigghia cu chistu o cu chiddu, vistu ca non si la po pigghiari cu so cumpari Nanni Lasca!
  • Fitusi! (va a pigghiari poi lu bùmmulu cu l’acqua frisca e ci lu porta a lu pupu di Nanni). Tiniti, Nanni, biviti e arrifriscativi dda vucca china di sapuri.
  • Nanni: – Notti si fici, gna Pina. Jitivinni a curcari!, dici iddu. Ma ju la notti non dormu, lu sapiti!
  • Nanni: – E allura facitivi fari la vo vò di qualchidunu àutru, e lassatimi dòrmiri!
  • Binidittu è Diu ca vi fici di sta bedda pasta, ma vi desi lu cori duru comu a na petra! E allura, comu vaju amari? Dicitimmillu vui? Mi chiamanu Lupa, ma lu lupu siti vui ca vi lassati mòriri la genti sutta l’occhi.
  • Nanni: – Ju vogghiu a la figghia, non a la matri!
  • Senti, senti, a chissu! Non lu sapi cumpari Nanni ca ju sugnu la Lupa, cosa vili; viditi comu addiventu sulu a parrarivi ’n cori di canigghia; Malu ca va, mi jittati comu a ’n canavazzu… quannu non mi vuliti chiù!
  • Nanni: – No! No!, cuntinua a dirimi sempri, Lassatimi dòrmiri!
  • E va beni, dunca vuliti spusarivi a me figghia?
  • Nanni: – Diavulu! Diavulu! Parrati seriamenti a sta sira?, (chinu di maravigghia e la Gnà Pina cu lu pupu d’iddu tra lu pettu).
  • Ca certu, parru seriamenti!
  • Nanni: – Vistu ca è accussì, vi pigghiù in parola, e malidittu cu si ni penti!
  • E, già, malidittu cu si ni penti, Nanni.
  • Ed iddu: – Badati, ju non haju nenti. Vossia chi ci dati a vostra figghia Maricchia?
  • Chi ci dugnu? Idda havi la roba di so patri, e, in supracchiù, ci dugnu la me casa; Ju mi nni vaju luntanu di l’occhi vostri.
  • Nanni : – No, vui siti sempri la patruna!
  • Sì, la patruna… malu chi va, a mia m’abbasta n’agnuni nta la cucina, pi mittirici ’n jazzu.
  • Nanni: – E non la sintemu a vostra figghia? Idda, cchi dici?
  • E c’havi a diri? Idda è sangu miu! Certu non po dubitari di pigghiarisi a ’n omu comu a vui. Ora la chiamu! Maricchia! Maricchia, a matri! Veni cca! […] Lu stati vidennu? Junci lesta. Vui, cumpari Nanni, pi ora jitivinni! (metti nta la seggia lu pupu di Nanni e pigghia chiddu di Maricchia)
  • Maricchia: – Matri, chi vuliti?
  • Nenti, figghia mia, cumpari Nanni si spiegau… ti voli spusari sutta a Natali!
  • Maricchia: – A mia? Ma ju non lu canusciu pi nenti, a ddu cristianu!
  • Ma comu fai a diri ca non lu canusci, vistu ca havi chiù di ’n misi ca travagghia a la massaria? Non l’hai vistu tu a Nanni ogni jornu comu ammutta cu la pala l’alivi sutta a la macina schigghiannu a lu sceccu: – Ohi!, pirchì non si firmassi? Non l’hai vistu tu quann’è tuttu nzunzatu d’ogghiu, lordu di lu firmintu d’aliva ca spanni di lu so beddu pettu, feru comu a ’n pileri, ca scula di dda peddi giùvini e càura? E tu mi dici ancora – Non vogghiu maritarimi!, annunca, Maricchia, si’ propriu scimunita si non lu voi a nuddu pattu.
  • Maricchia: – No! Non mi lu pozzu pigghiari a ddu cristianu e vui lu sapiti pirchì; anzi lu sannu tutti nta lu paisi.
  • Oh! Si non ti lu pigghi, t’ammazzu! Ju dissi di sì a stu matrimoniu, e puru tu dici di sì, lu capisti? (acchiappa lu pupu di Maricchia e ci tira li capiddi)
  • Maricchia: – Ahi! Ahi!, matri!, pirchì mi tirati li capiddi? (la gnà Pina appoja supra a la seggia lu pupu di Maricchia e prende in mano chiddu di Nanni)
  • E vui, Nanni, chi ci faciti cca? Vi dissi prima di jirivinni!
  • Nanni: – E pigghiatila cu li boni a Maricchia. Doppututtu ci l’aviri ’n mutivu pi diri di no.
  • Lassatimi stari, vi dissi, cumpari Nanni, lassatimi ora! (chianci, dispirannusi) Ma non lu viditi tuttu chiddu ca staju facennu pi lu vostru beni?
  • Nanni: – Certu ca lu vidu: mi dati la figghia, mi dati la roba, mi dati la casa! Vi spugghiati di tuttu, puru di lu vostru cori. Chi putiti fari di chiù? Stu matrimoniu ni fa addivintari puru parenti e, dunca, la cugnitura è bona pi lavari ogni diciria citadina. Chi pozzu diri di chiù? (arrirennu) Pozzu sulu mannari a l’aria San Giuvanni e la parintela!
  • Ah beddu sì, ora scherzi puru cu li santi! (ora manu nta la manu cu lu pupu di Nanni)
  • Nanni: – No, parru seriamenti. Siti ’n diavulu in carni e ossa!
  • Ma chi diciti? Ma lu sapiti chi mi facistivu fari? Mi mittistivu la lama nta la manu e poi mi dicistivu… Tè, ora ti poi scicari lu cori di tia stissa!
  • Nanni: – No, no, gnà Pina … ora basta! Accussì cuntinuannu jemu dritti dritti a lu nfernu!
  • Non ti prioccupari ju lu nfernu l’haju già avutu cca e lu mali c’haju fattu lu staju pavannu in vita. E ora vattini, scoffa di cca, lassimi sula! (pausa e silenziu, poi si senti cantari Maricchia)
  • Sintiti a me figghia Maricchia comu canta filici nta la casa c’appara e azzizza d’ogni ducizza pirchì sapi ca Nanni sta juncennu. Uhmmm… Prima idda non lu vuleva mancu morta, chianceva notti e jornu; ora, nveci, canta p’amuri d’iddu, ora ca havi ’n figghiu ed è gravida di ’n àutra criatura, ora canta, e a Nanni lu voli tuttu pi idda. Rischiau p’ànsina di pirdirilu a Nanni, cu ddu tintu càuciu ca ci desi la mula nta lu pettu, pòviru amuri miu, ca ci appi a jiri p’ànsina lu parrinu a purtarici la passata d’ogghiu santu pirchì parsi ca stava pi mòriri; e lu parrinu ci jìu a la cundizioni ca ju, lu diavulu vistutu di lupa, nnintra a dda casa non ci aveva ad essiri… e non ci fui, p’amuru d’iddu, non ci fui… Ma non risistu chiù… vaju a truvarili!
  • Maricchia: – Ah! Eccuvi cca, matri! Pirchì vinistivu?
    Pirchì? Ma pi vuàutri, pi vìdiri comu stati e p’arricurdari a Nanni ca c’è la vigna di zappari.
  • Maricchia: – Eccu lu sapeva ca vinistivu sulu pi purtarivi cu vui a Nanni!
  • Ma chi dici, scimunita! L’erva è àuta e ju misa ddà sula non ci la fazzu a schiantarila. Non lu senti chi dici to maritu? Vènici puru tu a la vigna.
  • Maricchia: – Ahora, quantu junci, nta lu me statu! Cu lu castìu di Diu di ncoddu!
  • Ah, lu castìu di Diu?
  • Maricchia: – Pirchì vi la pigghiati cu mia, ah? Pigghiativilla cu lu Signuri e di chiù cu vui stissa ca m’obblicastivu a maritarimi!, mi dici idda.
  • E me jènniru Nanni agghiunci, circannu di midiari:
  • Nanni: – Ora basta, viniti a vidiri a vostru niputi!
  • No, me figghia Maricchia, non voli. Sintiti zoccu dici:
  • Maricchia: – Lassatilu stari a me figghiu!
  • Mih, comu stai facennu, chi ti scanti ca mi lu manciu?
  • Maricchia: – Non vulissi mai! Iddu è sangu di lu vostru sangu!
  • Nanni: – Oh, basta, basta, basta!!! C’è lu nfernu nta sta casa, megghiu ca nesciu ju e mi nni vaju, non ci pozzu stari cca quannu vuàutri dui siti nsemi. Jiti a lu diavulu!, e annirvatu si nni va!
  • Eccu si’ cuntenta ora, Maricchia? Tuttu mi pigghiasti; la roba, la casa e l’omu! Ma tu mi vidi comu a na vìpira. Voi scafazzarimi la testa cu lu to pedi? Avanti, fallu e poi ti nni vai a cunfissariti!
  • Maricchia: – Matri scilirata!
  • A mia, scilirata? Muta statti!
  • Maricchia: – Latra, latra, latra! Lu sangu mi manciasti!
  • Muta, ti dissi, disgraziata!
  • Maricchia: – Di lu brigateri mi nni vaju!
  • E vacci, ca non mi scantu, figghia miseràbili! Ahi! Chi schigghi, chi pena e chi orruri! Vardati sta vinennu Nanni. Ni sintìu schigghiari di ddà fora e ora sta turnannu di novu cca.
  • Nanni: – Oh, fimmini sciarrini! (vastuniannu a dritta e a manca) Tè, una a tia e una a tia! Tè! La fàvula di lu paisi mi facistivu addivintari!
  • Lassimi asciugari stu sangu di la facci (cu li lacrimi a l’occhi), mi nni staju jennu. E senza pietà, Maricchia mi dici:
  • Maricchia: – Sì, vattinni di prescia! Ci la fici me maritu a umiliarimi avanti a tia! Non siti àutru ca scumunicati tutti e dui! E vui, Nanni, sulu pirchì vi vogghiu beni mi pistiati cu li peri, sciliratu! Comu putistivu farlu mentri sugnu nta stu statu?
  • Nanni (a Maricchia): – Ragiuni haj! Pirdunami! To matri mi fa dannari! Basta vardarla e fa dannari a tutti! Lu sai comu la chiamanu, la lupa, e fa addannari a tutti comu voli idda. Chissa, prima o doppu, mi fa jiri nta na jalera, cunnannatu pi omicidiu! (vardannu la lupa ca s’avvicina) Talè, talè, eccula ca torna!
  • Nanni: – Chi ci faciti ancora cca, jitivinni!
  • Ma varditi, non hai àutra canzuna a locu di ”vattinni!”?
  • Nanni: – Chi vuliti, gnà Pina ?
  • Chi vogghiu? Ma com’è ca non lu capisci ca ju vogghiu a tia, sulu a tia! Ti vulissi pi sempri miu, omu beddu comu a lu suli! Ma ora lassimi, lassimi stu vrazzu ca mi stai astruppiannu! Vinni sulu pi lavarimi la facci e abbirsarimi pi la festa: puru ju sugnu cristiana!
  • E Nanni: – Puru vui? Puru vui?
  • Ju, sì, ju, sì, e sidd’hai curaggiu lèvimi di lu menzu cu ’n colpu sulu, e facemula finuta!
  • Nanni: – Maliditta! Maliditta! Siti lu diavulu!
  • Sì, lu sugnu! Li matri comu a mia miritassiru di mòriri abbruciati vivi! Si l’avissiru a manciari li cani, li matri comu a mia! E tu puru, ca mi teni nta lu nfernu pi li capiddi… comu a na pazza! Si pigghiala l’accetta, avanti veni, veni, culpisci lu me pettu palumminu, accussì culpisci, culpisci ancora… Ah… la lupa mori!

Fini

Si culpa c’è… è di l’Amuri – di Alessio Patti

Si culpa c’è… è di l’Amuri – di Alessio Patti

Si culpa c’è è di l’Amuri – di Alessio Patti

Si culpa c’è… è di l’Amuri – di Alessio Patti


Orvu, a latu a tia staiu
e lu me rivugghiu
tu non senti,
non sai chi t’amu
di ‘n amuri ca non si svinni,
smisuratu.
Mentri m’ardi ‘n focu
nta lu cori e ti disìu,
ricordu quannu,
cu la luci a l’occhi,
comu di Madonna
vidìa la to facci.
Ora nta lu scuru
resti tu l’unica me vampa,
l’occhi beddi to’
l’unica me luci.
O ciarmu miu
non t’addifenniri di sta puisia
e di li pinseri ncutti di lu cori,
si culpa c’è… è di l’amuri,
ca fa d’ogni me parola
‘n ventu smaniusu e
d’ogni me carizza
‘n spirluciu senza fini.

Se c’è colpa… è dell’Amore – di Alessio Patti

Cieco, ti sto accanto
e il tormento mio
tu non senti,
non sai che t’amo
di un amore che non si svende,
smisurato.
Mentre una vampa
arde nel mio cuore e ti anelo,
ricordo quando,
ancora vedente,
di Madonna
miravo il tuo bel volto.
Ora, nel buio,
resti tu
l’unica mia fiamma,
i begli occhi tuoi
l’unica mia luce.
O pena mia
non difenderti da questa poesia
e dai pensieri insistenti del cuore,
se c’è colpa… è dell’amore,
che fa d’ogni mia parola
un refolo smanioso
e d’ogni mia carezza
uno scintillio senza fine.

Si culpa c’è è di l’Amuri – di Alessio Patti

Giuseppe Parisi, declama “O donna di lu me nfinitu amuri”, di Alessio Patti

Giuseppe Parisi, declama “O donna di lu me nfinitu amuri”, di Alessio Patti

Giuseppe Parisi, giovane emergente attore catanese, anch’egli fine declamatore, interprete e narratore; il teatro è la sua casa; è la sua vita. Ha lavorato presso il Teatro Massimo di Palermo, Teatro Duse di Bologna, Teatro Angelo Musco di Catania, in quest’ultimo ha presentato con grande successo il suo monologo in un atto unico “Un fatto umano”; e ancora in quei teatri della gente (come quelli parrocchiali), le chiese dove incontrare il pubblico più autentico e sensibile all’Ars Populi, e dove egli ha debuttato con con il suo “Veramente quest’uomo…” (la passione di Cristo dagli occhi di un centurione romano).
Ha lavorato a fianco di grandi attori come Enrico Guarneri, Mario Opinato, Turi Fallica e altri ancora.
Di recente collabora anche con me alla declamazione interpretativa della tragi-commedia di William Shakespeare “Tanto strusciu pi menti”, nel ruolo del Conte Claudio, accanto a molti attori professionisti e non.
Ha declamato finanche i miei versi, un suo dono è “O donna di lu me nfinitu amuri”, che potrete ascoltare in questo video che ho realizzato per lui.
Insomma è un giovane artista capace, testardo perché non si abbatte mai alle avversità, è uno che crede ai propri sogni e li realizza; è un uomo impegnato nel sociale e il suo grido di giustizia e il suo diniego nei confronti della mafia e di ogni orrore contro l’umano li ha largamente testimoniati nei suoi eventi e monologhi: opere illuminanti per l’anima e il cuore.
Grazie Giuseppe Parisi per il tuo percorso artistico e umano.

Giuseppe Parisi

Giada Circonciso declama “Nica comu a na muddichedda”, di Alessio Patti

Giada Giorconciso in “Nica comu a na muddichedda”, di Alessio Patti

Nicu comu a na muddichedda – declamato da Giada Circonciso

Cari amici, vi presento oggi un’artista straordinaria ed eclettica; per me – che tanto l’ammiro – è un’istituzione della nostra terra isolana: lei è Giada Circonciso, una raffinata attrice catanese di teatro, narratrice, interprete ed esecutrice.
Ama definirsi narratrice” Verghiana”; tra i personaggi di Giovanni Verga, ha amato moltissimo “Nedda, della quale ha raccontato più volte il dramma nei suoi diversi spettacoli.
In “Vi racconto”, ha presentato un viaggio unico alla riscoperta di miti, leggende e storie di Sicilia fino alla letteratura ottocentesca di Giovanni Verga, e poi ancora tanta eccellenza artistica in “Notte Bianca”, “I Malavoglia” e altro ancora…
Giada Circonciso ha scelto anche di interpretare nell’esercizio delle belle arti i miei versi e li ha declamati dopo aver visto la mia video-poesia “Nica come a na muddichedda”, interpretandoli nella versione maschile. Ed è nata subito una nuova opera di cui mi onoro e le sono tanto grato. Giada Circonciso è un’artista da ascoltare con attenzione e del cui incanto lasciarsi contaminare completamente; il prodotto della sua attività artistica è una “magarìa” dalla quale lasciarsi catturare: fascinazione, questa, che lei plasma ogni volta che interpreta qualcosa dall’intenso profumo siciliano.

Giada Circonciso

Mario Opinato legge una silloge di Alessio Patti

Mario Opinato
legge una silloge di Alessio Patti

Mario Opinato legge una silloge del poeta Alessio Patti

Mario Opinato legge i versi di una silloge di Alessio Patti nella versione in lingua italiana.

Affinché si possa più ampiamente accogliere il dono della poesia, che è dato a tutti in tutte le lingue, l’attore Mario Opinato declama i versi di Alessio Patti nella versione in lingua italiana.
Un’occasione “speciale” come “speciale” è il dono di questo magnifico artista e amico, che ringrazio di vero cuore, al quale mi lega profonda amicizia.

Cari amici, alzate il volume del computer e godetevi l’ascolto di questo nuovo video. 

Cu’ si’? (a na certa età li miti arritornanu)

Cu’ si’?
(a na certa età li miti arritornanu)

Cu’ si’? – di Alessio Patti
La voce della declamazione della traduzione in lingua italiana è dell’attore Luca Lisi.
Si ringrazia il maestro musicista Pippo Asta per la gentile concessione del sottofondo musicale “Nun lu sapiti“.

Cu’ si’?
(a na certa età li miti arritornanu)

‘N Tràntulu m’attraversa l’anima…
Cu’ si’ tu ca fuji e sfuji attagghiu a mia
senza mai farisi catturari?
Di quali agnuni di lu me pinzeru
nesci fora,
oh arcanu mitu ca ti fai strata
finu a mia?
Cu’ sì tu nicuzza e spirlucenti criatura
di li stralucenti ali acculurati di celu,
tinnirizza ca non si po’ cuntari?
Si’ tu na dia?
Di la ciamma si’ lu stralucenti?
O puru si’ ‘n farfalicchiu?
Na fuddedda munachedda?
Cu’ si’, o Vèniri, china di biddizza,
ca di disìu m’allinchi
e ca lu cori mi fai amariari?
Veni tra li me’ linzola, parrimi d’amuri
e non mi fari chiù abbiliari!
Non lu vidi ca sugnu vecchiu,
non chiù amabili,
non chiù magnànimo ni l’animu?
E cu puru ca non vogghiu,
avvampu e spinnu ancora
comu fussi Apollu.
Si vinisti a purtarimi “Amuri”,
amami, o Vèniri, e fallu subitu,
ma si mi privi di cunsolazioni,
scumpari e non mi sdilliggiari.

(Alessio Patti – Catania, 28/01/2020)

Chi sei?
(ad una certa età i miti ritornano)

Un tremito m’oltrepassa l’anima…
Chi sei tu che fuggi e rifuggi a lato a me
senza mai farsi catturare?
Da che riva del mio pensiero
vieni fuori,
oh arcano mito che ti fai varco
fino a me?
Chi sei minuscola e scintillante creatura
dalle luccicanti ali colorate di cielo,
tenerezza che non si può narrare?
Sei tu una dea?
Della fiamma sei il rilucente?
Oppure sei uno spiritello?
Un folletto monachella?
Chi sei, o Venere traboccante di bellezza,
che di desio mi colmi e
il cuore mi fai amareggiare?
Fermati nel mio giaciglio, parlami d’amore
e non mi fare più avvilire!
Non vedi che son vecchio,
non più amabile,
non più altero nell’animo?
E nonostante non voglia, brucio e
bramo come fossi Apollo.
Se sei venuta a portarmi “Amore”,
amami, o Venere, e fallo subito,
ma se mi privi di consolazione,
sparisci e non mi dileggiare!

(Alessio Patti – Catania, 28/01/2020)

‘N Amuri sbagghiatu

‘N Amuri sbagghiatu – di Alessio Patti

A 17 anni avevo già scritto più di mille poesie in lingua siciliana.
Del primo tratto della mia vita era il momento del mio più grande fervore poetico (mai più ho scritto in purezza come lo feci nella mia fanciullezza).
Gran parte di quella verve poetica, che io misi su carta in una grande rubrica per i numeri telefonici, fu strappata avanti ai miei occhi in lacrime da mio padre che credette stessi scrivendo la vita anziché viverla; ma scrissi e vissi contemporaneamente non deludendo nessuno.
E così nello spirito, ogni giorno, coglievo più di un’emozione: ora un amore che nasceva, ora uno che moriva; ora un dolore, ma poco dopo una carezza, mille vite e mille amori, e ogni verso aveva la sua storia e attingeva alla radice e alla bellezza del vivere il sentimento come io lo sentivo (e lo sento ancora) nella semplicità del cuore. 

Le poesie della fanciullezza

‘N Amuri sbagghiatu

Tanti sì… pi nenti!
Asciuca sta lacrima, non servi.
Nìura è la me menti: ti vardu
ma non ti vidu.
Comu prima, nta lu silenziu,
làmmica lu me cori.
Pi strata, di luntanu, ti sentu chiamari:
– Amuri! Amuri!

(Alessio Patti – Catania, 22 marzo 1976)

Un amore sbagliato

Tanti sì… per nulla!
Asciuga questa lacrima, non serve.
Scura è la mia mente: ti guardo
ma non ti vedo.
Come prima, nel silenzio,
soffre il mio cuore.
Per strada, da lontano, ti sento chiamare:
– Amore! Amore!

(Alessio Patti – Catania, 22 marzo 1976)

“Viculu Sacramentu” – di Alessio Patti

“Viculu Sacramentu” – di Alessio Patti

Viculu Sacramentu, è il mio romanzo in lingua siciliana più riconosciuto dalla critica, che ho dedicato con grande sentimento al popolo di Sicilia.
L’ho scritto negli anni ’90 ed è un racconto vasto che testimonia i sentimenti e le antinomie del popolo siciliano degli anni ’60.
Vi troviamo tutto il carattere, la musicalità, il lume, la gioia, i dolori e la poesia dell’Ars Populi siciliana, come anche il male, l’ignoranza e la sopraffazione tipica dei capi e dei “caicchi” (gregari).
Tutto ciò che è descritto e raccontato è autentico in Viculu Sacramentu, giacché ispirato a storie vere; nulla è stato mascherato, abbellito o enfatizzato: cultura, cuore, sentimento e poesia e tutto il loro contrario, sono il cuore dell’opera e si esprimono senza veli, artefazioni e adulterazioni. Il bene è il bene, il male è il male e confliggono tra loro per vincere da un lato il diritto all’esistenza pacifica, dall’altro la volontà di reprimerlo attraverso le azioni de “lu malu virsèriu” (il mal destino) che opprime senza tregua la vita e le storie di tutti i protagonisti del racconto.
Una è la figura centrale della narrazione: il pazzo del vicolo (che pazzo non è, giacché esprime in tutta la sua collera e delirio l’ingiustizia della società che lo circonda e ferisce). Attorno a lui diversi personaggi, alcuni amorevoli, altri violenti, altri ancora difensori della fede e dei poveri e, infine, alcuni di ignobili istinti, ma anche loro primigenie vittime di altrettanta violenza e dolore.
Percorre quasi in tutte le storie il rapporto genitori figli, protagonisti assoluti nel bene e nel male, così percorre anche nei loro cuori la ricerca dell’amore: sentimento talvolta ingenuo, talvolta genuino, altre volte confuso, ma sempre in prima linea nel bisogno profondo di tutti i personaggi che popolano Viculu Sacramentu.

Il debutto in teatro avvenne nel 1995 e a distanza di 25 anni è stato riproposto l’11 gennaio 2020 al Teatro “Eliseo” di Santa Venerina (CT) con un cast di attori e di amatori di tutto rilievo:
Franco Leontini (che ha partecipato come attore e regista dell’evento)
Carmela Trovato (nei panni di “Assuzza” ne “Lu prucessu catanisi)
Luca Lisi (protagonista nei panni del pazzo e del Pubblico Ministero in “Lu prucessu catanisi”)
Francesca Privitera (protagonista avvocato difensore ne “Lu prucessu catanisi”)
Giuseppe Sciuto (protagonista Micheli in “Amuri di matri, amuri di figghiu” e in quelli del Cancelliere in “Lu prucessu catanisi”)
Giusy Di Mauru (protagonista madre in “Amuri di matri, amuri di figghiu” e in quelli del giudice a Latere in “Lu prucessu catanisi”)
Angelo Pagano (protagonista macellaio in “Amuri di matri, amuri di figghiu”)
Arianna Guarneri (il piccolo angelo nell’apparizione de “Lu pazzu)




Luca Lisi, protagonista del monologo de “Lu pazzu” di Viculu Sacramentu di Alessio Patti
https://youtu.be/4L32iYFnk7c
Episodio de “Lu pazzu”
https://youtu.be/OpjB13pCCxM
Episodio de “Lu prucessu catanisi”
https://youtu.be/os_TqxbCqjw
Episodio di “Amuri di matri, Amuri di figghiu”
https://youtu.be/uj6n43Yw-2c
Il maestro Gesuele Sciacca con il musicista Angelo Patanè

Tantu scrusciu pi nenti

Tantu scrusciu pi nenti

Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti della tragicommedia di William Shakespeare “Much Ado About Nothing”.

Associazione – Gruppo Culturale Letterario “Sicilia Cori Miu”  e il  Comune di Giarre – Assessorato alla Cultura

presentano 

la Traslazione in Lingua Siciliana di Alessio Patti

Tantu Scrusciu Pi Nenti

Tragi-commedia in 5 Atti di William Shakespeare

Prefazione di Mario Opinato

con l’amichevole partecipazione di 

Francesca Ferro (nel ruolo di Biatrici) e di Mario Opinato (nel ruolo di Binidittu)

e con l’attore e regista Franco Leontini (Leonatu) – e con Luca Lisi (Don Petru, lu prìncipi) – Giuseppe Parisi (Conti Claudiu) – Simona Gualtieri (Eru, la figlia di Leonatu) – Gesuele Sciacca  (Don Giovanni, il fratello di Don Petru) – Giusy Di Mauro (Ursula, dama di Eru) – Federico Cucurullo (Frati Francescu) – Giuseppe Grassia (Borraciu) – Angelo Pagano e Giuseppe Sciuto (Corradu e Ntoni, fratello di Leonatu) – Giacomo Pistone (Prima vardia)  – Salvo Napoli (Missaggeru) – MariaChiara Gualtieri (Margherita, una delle dame di Eru) – Enza Frangiamore (Voce narrante)

Con l’amichevole partecipazione del Gruppo Folk Vecchia Jonia

Videomaker – Pino Parisi 

Collaborano – Antonio Sozzi, Mario Guillerno (per la fotografia) e Saro Bellingheri.


Salone degli Specchi del Palazzo di Città (Via Callipoli, 81) – Comune di Giarre (CT) 

7 gennaio 2020 – ore 18:00 – Ingresso libero

La cummedia accumincia cu lu prìncipi Petru D’Aragona ca a lu ritornu di la verra dicidi di firmàrisi a Missina pressu Leonatu, ca è lu guvirnaturi di la cità. Unu di li favuriti di lu prìncipi è lu conti Claudiu, ca si nnamura di Eru, unica figghia di Leonatu, ca iddu voli spusari; ma don Giuvanni, frati di lu prìncipi, cerca nta tutti li modi di mpidiri sti nozzi. 
Grazii a ‘n pirfettu machïniamentu, ntrizzatu di lu prìncipi Petru, duranti ’n ballu mascaratu, lu conti Claudiu ed Eru si fidanzanu; ma Don Giuvanni, cu la cumplicità di li so’ caicchi e di li so’ servi, qualchi tempu doppu, arrinesci a sdisonurari Eru avanti a l’occhi di Claudiu, ca nta lu mumentu di li nozzi la discaccia pubblicamenti accusannila di lùssuria.
Tuttu pari persu, ma lu frati franciscanu, c’aveva a cilibrari li nozzi, sapennu ca la figghia di Leonatu era na carusa onesta, lìmpia, e di lu bonu caràttiri, dicidi di aiutarila facènnila cridiri a tutti morta, doppu c’aveva persu canuscenza quannu Claudiu la discacciau avanti a l’artaru. 
Ntantu Biatrici, niputi di Leonatu e cucina di Eru, è sempri in battagghia cu Binidittu, ca idda, sutta sutta, penza d’amari. Binidittu, però, si vanta di tèniri a largu li fìmmini e di non vulirisi mai spusari. Poi, manu manu, aiutatu di Don Petru, Claudiu ed Eru, ci fannu cridiri ca Biatrici è nnamurata sigretamenti di iddu. Sintennu stu pùlici firriari nta li pinzeri, Binidittu accumincia a canciari idia supra a Biatrici e a lu matrimoniu e si ni nnamura.
Ntramentri, cu lu passari di li uri, s’accumincia a fari luci supra a la virità, a la purizza e a la virginità di Eru. Prestu si scopri lu ntricu archittitàtu di lu frati “bastardu” di lu prìncipi, don Giuvanni. Na pattugghia di vardii, nfatti, duranti   ’n giru di notti, cattura li caicchi e li tirapedi di don Giuvanni, e doppu avirili ntirrugati in prisenza di lu Connestabili, si spalisa lu cumplottu contru ad Eru misu in prattica di lu nnuncenti Claudiu, ca non sapeva nenti di zoccu si machïniava arreri a li so’ spaddi e a chiddi di lu prìncipi. 
Nta stu ntràchisi Binidittu, ca cunfissau lu so amuri a Biatrici, p’amuri so sfida a duellu lu conti Claudiu. E discutennu cu iddu e lu prìncipi, a ’n certu puntu, ricivunu la nutizia di lu complottu. Claudiu, pi pintimentu, non si tira annareri a la richiesta di Leonatu di spusari la figghia di so frati ’Ntoni, ca pi biddizza e virtù è tantu assimigghianti ad Eru. 
Ma non esisti nudda figglia di ‘Ntoni. Nta sta cosa c’entra lu ntricciu di lu frati ca pruposi a Leonatu di fari passari Eru pi la figghia di ‘Ntoni e di farila mascarari a li novi nozzi cu Claudiu e daricilla in spusa; sulu doppu lu matrimoniu la signurinedda s’avissi duvutu a spalisari ammustrannu la so vera identità. E accussì successi, lassannu maravigghiatu lu conti Claudiu e tutti li prisenti a li nozzi. Eru ristau, dunca, morta sinu a quannu ristavu viva la calunnia contru di idda; ma ora li du’ giùvini nnamurati ponnu vìviri sireni accuminciannu na nova vita. Nta stu ntràchisi Biatrici e Binidittu priparanu l’ùltimu duellu a scanciu di paroli. Idda nta la sciarra non si fai mai supraniari, e Binidittu, stancu di pèrdiri cu Biatrici, ci ntuppa la vucca vasànnila. Accussì finalmenti si fidanzanu e si spusanu puru iddi. 
E pi ùltimu veni arristatu don Giuvanni ca scappau di Missina doppu ca seppi ca Claudiu e so frati lu prìncipi foru nfurmati di li so’ machïniamenti contru ad Eru.
Eccu, tanti vicenni e tantu scrusciu…, e pi chi cosa?, pi nenti!

Romeu e Giulietta

Romeu e Giulietta

Trasposizione in lingua siciliana di Alessio Patti

“Romeu e Giulietta”

ROMEU: Siddu criditi ca ju scunsacri cu la me manu non digna sta sacra riliquia – piccatu di tutti li divoti -, li me’ labbra chini di russuri, comu a du’ affruntusi pilligrini, sunnu pronti a rènniri chiù duci lu toccu cu ’n tènniru vasuni.
GIULIETTA: Saggiu pilligrinu, vui faciti ’n gravi tortu a la vostra manu, ca non fici àutru ca mustrari bona divuzioni. Puru li santi hannu li manu, e li manu di li pilligrini li ponnu attruzzari; palmu a palmu, eccu lu sacru vasuni di li palmeri.
ROMEU: Ma li santi e li palmeri non hannu iddi labbra?
GIULIETTA: Sì, pilligrinu, ma chiddi sunnu labbra ca servunu pi la prijera.
ROMEU: Allura, santuzza, lassa ca li to’ labbra fannu zoccu fannu li to’ manu; iddi prejanu, tu dacci ascutu, in modu ca la fidi non si stracanci in dispirazioni.
GIULIETTA: Li santi non si movunu, ma accordunu chiddi ca li prejanu.
ROMEU: Allura non ti moviri, addamentri ca ju cogghiu lu fruttu di la me prijera. (la bacia) Eccu, li to’ labbra purificaru chiddi me’ di lu piccatu.
GIULIETTA: Allura li me’ l’abbra portanu lu piccatu ca purificaru.
ROMEU: Lu piccatu di li me’ labbra? O culpa cu ducizza rimpruvirata! Tornimi, dunca, lu me piccatu! (la bacia ancora)

C’è mai stato amore più bello e poetico?
Luca Lisi e Simona Gualtieri (e tutta la squadra di amici attori e musicisti che li collaborano) vi aspettano per farvi emozionare fin nel profondo dell’anima.

Sale delle Arti – Comune di Gravina di Catania, 13 ottobre 2019 – ore 19:30 – Ingresso Gratuito!

Locandina n. 2
I protagonisti
Trailer n. 1

Uguale agli dèi – di Alessio Patti

Uguale agli dèi – di Alessio Patti

Copertina di “Uguale agli dèi” di Alessio Patti

Antologia di grandi poeti tradotti in lingua siciliana da Alessio Patti

Prefazione

L’operazione culturale di Alessio Patti, molto ardita e per
tanti motivi complessa, trova una sua spiegazione
nell’amore per la poesia e, soprattutto, per la nostra
terra di Sicilia e la sua lingua. Nei testi contenuti in
questo volume denominato Uguali a li dèi c’è una
fusione piena, infatti, fra sicilianità e sentimento poetico,
che invita irresistibilmente l’Autore a rileggere con i
suoni e i simboli della nostra lingua siciliana le
espressioni più autentiche della grande poesia di ogni
epoca e di ogni parte del mondo. La poesia come la
musica (ma la poesia non è musica?), quando è
autentica affonda le sue radici nell’interiorità dell’anima
ed acquista un valore universale, attraversa il tempo e lo
spazio per riproporsi delicatamente all’uomo
inserendolo in una dimensione trascendentale con una
“corrispondenza” di sentimenti ed emozioni.
Devo ammettere che per diverso tempo nel corso della
mia vita ho ritenuto la grande poesia intraducibile e
questo convincimento si accompagnava spesso alla
lettura del brano originale a fronte di quello curato da
ottimi traspositori; ad esempio, non riuscivo più a
gustare un Virgilio tradotto in italiano, perdevo le
sonorità e le assonanze che creavano un’adesione
indescrivibile nel mio animo e mi era “dolce naufragar”
in quel “mare”. Poi ebbi più volte l’occasione di ascoltare
il compianto Prof. Antonio Pagano, il quale declamava
con il suo stile essenziale e piacevole le sue traduzioni
in siciliano dei lirici greci e latini e cominciai a rendermi
conto che non sempre la traduzione arreca danno
all’originale. Certamente si pone ogni volta il problema
della distanza storica tra prototesto e metatesto.
Secondo lo studioso slovacco Anton Popovic
l’interazione culturale può dare luogo alla cosiddetta
“creolizzazione” in cui il metatesto è frutto della sintesi
tra la struttura del prototesto e la struttura della cultura
ricevente perché una parola o un’espressione si colloca
in un contesto nel quale ha una valenza sistemica. È la
cultura ricevente che seleziona i testi più vicini alla
propria specificità e questi, una volta entrati nella nuova
dimensione linguistica, hanno vita autonoma e
determinano influenze in quanto tali. La selezione che
Alessio Patti con grande maestria ci propone in questo
volume è, come direbbe il Toury, source-oriented
ovvero “orientata al prototesto” perché “entra”
nell’animo del poeta con il quale instaura un rapporto di
empatia e d’intesa spirituale e riesce (impresa non
facile) a rispettare l’intima ispirazione originale
dell’autore porgendolo al lettore con una lingua
siciliana senza orpelli, limpida e fresca come le acque di
un ruscello di montagna. E chi legge non si stanca di
bere quest’acqua che ristora l’anima e la innalza verso
orizzonti esistenziali metastorici, senza disperdere il
vissuto individuale del poeta.
Il lettore viene agevolato dalla lettura a piè di pagina
dei testi originali in lingua italiana e in versione italiana
nel caso di testi greci e latini o scritti in lingue moderne;
tale espediente, al di là della sua funzione strumentale,
consente di rendersi conto della validità dei nuovi versi,
frutto del poeta-traduttore Alessio Patti. Il libro raccoglie
le perle di ogni epoca da Saffo ai poeti di oggi,
secondo una personalissima scelta motivata da
“corrispondenza di amorosi sensi”, ma sempre all’altezza
dell’intento culturale che l’Autore si è proposto di
rendere vivo e fruibile ai più. Anche quest’opera,
qualora ce ne fosse bisogno, conferma come Alessio
Patti sia una delle personalità letterarie siciliane non
ancora accademiche più interessanti nel panorama
contemporaneo, che ha espresso la sua versatilità nella
prosa, nel teatro, nella poesia, nella video-grafica con
apprezzamenti sinceri di migliaia di lettori e di seguaci
anche su Facebook. Quest’ultima opera contribuisce a
definire in modo ancora più completo la fisionomia di
un Autore che merita tutta la nostra simpatia e il nostro
plauso.

Giovanni Vecchio

Odiu e Amu

A mia pari uguali a li dèi

A mia pari uguali a li dèi

Saffo
(poetessa greca 640 A.C. – 570 A.C.)

A mia pari uguali a li dèi
cu’ a tia vicinu accussì aurusu
sonu ascuta mentri tu parri
e ridi cu ducizza. Nta lu pettu
sùbitu mi s’àgita lu cori
appena sulu ca ti vardu, e la vuci
si ritira nta la lingua ca si fa muta.
‘N focu smèusu mi curri sutta peddi,
e haju scuru nta l’occhi e lu ribummu
di lu sangu nta l’aricchi.
E tutta ‘n suduri e trèmula,
comu erva patuta sculuru:
e morti non mi pari luntana
a mia rapita di menti.

Alessio Patti – Autore di “Uguale agli dèi”

Gaio Valerio Catullo
(poeta latino, 84 A.C. – 54 A.C.)

Odiu e amu. Forsi m’addumanni com’è possibili;
non sacciu, ma sentu ca succedi e sugnu misu ‘n cruci.

Francesco d’Assisi
(poeta, scrittore italiano e fondatore ordine francescano,
1182 – 1226)

Canticu di li criaturi

Autìssimu, Onnipotenti e bon Signuri,
to’ su’ la lodi, la gloria e l’onuri ed ogni binidizioni.
A tia sulu Autìssimu, si cunfanu
e nuddu omu è dignu di muntuariti.
Ludatu si’ miu Signuri, nsemi a tutti li criaturi,
specialmenti lu frati suli,
ca è luci di lu jornu, e tramiti iddu n’allumini.
Ed iddu è beddu e spirlucenti,
di tia, Autìssimu, porta lu splinnuri.
Laudatu si’ miu Signuri, pi soru luna e li stiddi,
nta lu celu li furmasti lìmpi, priziusi e beddi.
Laudatu si’ miu Signuri, pi frati ventu
e pi l’aria, lu nuvulu, lu sirenu e p’ogni tempu,
ca pi mezzu d’iddi a li criaturi dai sustentamentu.
Laudatu si’ miu Signuri, pi soru acqua,
pirchì e tantu utili e umili, priziusa e pura.
Laudatu si’ miu Signuri, pi frati focu,
ca tramiti iddu allumini la notti,
ed è beddu, fistanti, accippatu e forti.
Laudatu si’ miu Signuri, pi soru nostra matri terra,
pirchì ni duna nutrimentu e ni manteni,
e pruduci frutti sapurusi, cu ciuri ed erva.
Laudatu si’ miu Signuri, pi chiddi ca pirdunanu nta lu
nomu di lu to amuri, e supportanu malatìi e suffirenzi.
Biati chiddi ca supportanu tuttu chissu cu sirenità,
pirchì di tia, Autìssimu, su’ primiati.
Laudatu si’ miu Signuri pi soru nostra morti corporali,
di cu’ nuddu po scappari.
Guai a chiddi ca mòrunu in statu di piccatu murtali,
biati chiddi ca la trovanu rispittannu li to’ vuluntà,
la sicunna morti non ci fa nuddu mali.
Ludati e binidiciti lu me Signuri,

Agamennone di Eschilo

Agamennone di Eschilo – Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti – Prefazione di Giovanni Vecchio

Promo tragedie greche traslate da Alessio Patti

Prefazione

Alessio Patti è entrato ormai di diritto tra i maggiori autori contemporanei che si servono della lingua siciliana per la loro produzione letteraria ridando ad essa la dignità che le spetta. Le sue composizioni poetiche, ricche di umanità e sentimento profondo della vita, sono ormai entrate nell’animo di tanti lettori ed estimatori. Ma il Nostro, dopo essersi trovato in sintonia con il vissuto espresso in poesia dai grandi autori antichi e moderni, ci ha offerto la trasposizione in lingua siciliana delle più belle liriche nell’opera “Uguale agli dei” (2013), dimostrando in tal modo agli scettici che il nostro idioma è in grado di comunicare in modo efficace i contenuti più alti e i sentimenti più delicati. Ultimamente Alessio Patti ha avvertito il bisogno di accostarsi ai grandi classici del teatro, che sono e restano tali perché anche noi contemporanei intravvediamo in questi drammi l’essenza del vissuto umano, che travalica i secoli e le culture. Dopo l’Amleto e Romeo e Giulietta di Shakespeare, è ora la volta dell’Agamennone di Eschilo, il grande tragediografo della Grecia antica.
L’opera apre la trilogia dell’Oresteia, che ci presenta una concatenazione di delitto e castigo. La ragione ultima della scelta di trasporre in lingua siciliana l’Agamennone è forse metafisica e quindi teologica perché l’umano e il divino sono avvertiti dai protagonisti nel susseguirsi inarrestabile di atti delittuosi, che richiama la necessità di un ordine nel mondo ”che l’uomo sente come abisso della trascendenza in ogni suo atto” (C. Diano) senza il quale non si può concludere che nell’annientamento. Pertanto assume importanza il problema religioso e risalta il tentativo di Eschilo di superare il politeismo arcaico riportando con Zeus l’ordine e la giustizia. ”L’uomo è libero, ma la libertà è quella di inserirsi in quest’ordine” (R. Cantarella). Come si sa, al centro della tragedia attica del V secolo c’è ”il problema della giustizia, in tutti suoi aspetti, riconducibili alle due categorie di ‘colpa’ e di ‘responsabilità’ ” (L. Canfora).
Alessio Patti accetta la sfida del confronto con lo stile eschileo, di rara potenza scultorea, dalla vitalità prodigiosa, nel quale vibrano un ritmo segreto e un afflato superbo. Il testo dell’Agamennone, infatti, è pervaso da una tensione dritta e continua, basata sull’azione che definisce i personaggi senza ricorrere ad analisi psicologiche, e da una rara potenza poetica.
L’’impresa ardua di Alessio Patti dimostra non solo l’alto livello raggiunto da
lui nell’uso della lingua siciliana, nella sua purezza ed essenzialità, ma anche la capacità di entrare nell’interiorità dell’autore originale con il quale instaura un rapporto di empatia e rivivendone l’ispirazione più autentica; solo così il Nostro traduce senza infrangere lo splendore del testo eschileo sia nella lirica corale che nei dialoghi.
Auguro a quest’opera di Alessio Patti una calorosa accoglienza da parte dei
lettori comuni e della critica perché davvero ci troviamo di fronte a
un’operazione letteraria (e non solo) di alta qualità.

Giovanni Vecchio

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Paolo Ferrari legge il poeta siciliano Alessio Patti

Paolo Ferrari legge il poeta siciliano Alessio Patti

Paolo Ferrari

“Caro Alessio, spero di poterti incontrare presto per stringerti la mano.
Alessio, sono orgoglioso di essere tuo amico”.

Ammaliami con “Paolo Ferrari”
Paolo Ferrari

Ammàliami

Trattènimi 
Prufunnu Àutru.
Staju pi junciri 
nta ‘n locu sacru
unni attènniri lu Misteriu
chi s’ammustra e scumpari,
chi è prisenza-assenza.
Oh Diu, sugnu cca!
Ammàliami,
mettimi nta lu to cori
o, si prifirisci, 
arrubbami.
Trascinami 
luntanu di cca,
d’ogni omu e criatura,
d’ogni suli e terra.
Catturami 
in eternu, ma lassami 
‘n sulu istanti
ni la to luci, pirchì nciammi
la me arma cu la to puisia.
Lassami lèggiri 
‘n sulu rigu, na parola 
di chiddi to’, pirchì pozza 
a la rijuta truvari fruttu 
ni la me terra.
Lassa c’addiventu 
latru di li to’ versi
e ca supra a du’ limpi 
fogghi di carta janca
pozza cupiari li to’ odi.
Li usu comu ali 
p’arricampàrimi 
ni la me terra,
e, riliggennuli, sapiri
d’aviri ancora 
qualchicosa di scriviri,
qualchicosa di dari.

Paolo Ferrari

Incantami

Trattieniti
Profondo Altro.
Sto per giungere
in luogo sacro
ove attendere il Mistero
che si mostra e svanisce,
che è presenza-assenza.
Eccomi, oh Dio!
Incantami,
mettimi nel tuo cuore
o, se preferisci,
rapiscimi.
Trascinami
via da qui,
da ogni uomo e creatura,
da ogni sole e terra.
Catturami
in eterno, ma lasciami
un istante
nella tua luce, affinché scaldi
la mia anima con la tua poesia.
 Lasciami leggere
un solo rigo, una parola
delle tue, perché possa
al mio ritorno trovare frutto
nella mia terra.
Lascia che diventi
ladro dei tuoi versi
e che su due fogli
di pura carta bianca
possa copiare le tue odi.
 Le userò come ali
per fare ritorno
alla mia terra,
e, rileggendoli, sapere
di avere ancora
qualcosa da scrivere,
qualcosa da dare.

Maieutiké

Lu primu oceanu figghiu d’arma mi fici,
ciatu ed essenzia;
lu secunnu, di jancu culuri,
nutricau di nèttari la me vucca;
lu terzu di carizzi la me facci.
Maieutiké, vecchiu e
fraccu oceanu di tinirizza,
funnamentu ancora e spiritu di vita,
supra a ddu jazzu a pàsciri l’uri
e di biddizza a trattèniri ricordi.
Travalicu cu ducizza
lu to sonnu mentri m’allatu…
e tu non sai chi t’ammiru
comu t’ammirai lu primu jornu di la vita.
O mà, t’amu!
Lassa c’attruzzu
li to’ capiddi janchi,
ca t’accarizzu la facci
ntomentri lu to sonnu
accarizza chidda me.
’N vasuni a tia
paradisu senza fini,
rosa senza spini.

(Alessio Patti – Catania, 22 maggio 2010)

Maieutiké

Il primo oceano mi fece figlio d’anima,
fiato ed essenza;
il secondo, color bianco,
di nettare nutrì le mie labbra;
il terzo di carezze il mio volto.
Maieutiké, vecchio e
svigorito oceano di tenerezza,
fondamento ancor e spirito di vita,
su quel letto a pascolar le ore
e di bellezza a trattener ricordi.
Varco dolcemente
il tuo sonno mentre m’avvicino…
e tu non sai che ti ammiro
come t’ammirai il primo giorno della vita.
Madre, ti amo!
Lascia che sfiori
la tua canizie,
che ti accarezzi il volto
mentre il tuo sonno
accarezza il mio.
Un bacio a te
paradiso senza fine,
rosa senza spine.

“To be, or not to be” dall’Amleto di William Shakespeare

“To be, or not to be” – dall’Amleto di William Shakespeare – Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti.

Mario Opinato

https://youtu.be/texqiwKywGc

MARIO OPINATO
declama il soliloquio di “Amletu” in lingua siciliana

Essiri o non Essiri,
chissa è la custioni: si è chiù nòbili ni l’anima
suppurtari li colpi di ciunna e
li saitti di la nciuriusa furtuna o
mpugnari l’armi contru a ’n mari d’affanni
e risistennuci darici fini?
Mòriri, dòrmiri – nent’àutru;
e cu ’n sonnu mèttiri fini a lu duluri di lu cori
e a li milli subbugghi naturali ca la carni ricivi;
chissa è na fini di disiddirari a manu junti.
Mòriri, dòrmiri.
Dòrmiri, forsi sunnari, sì, ddocu è lu mpidugghiu.
Pirchì nti ddu sonnu di morti,
lu pinzeru di li sonni ca ponnu vèniri,
allibbirtati ca semu di stu ntricu murtali,
n’havi a fari addimurari;
eccu lu scrùpulu ca renni la svintura accussì longa.
Masannunca cu’ vulissi suppurtari li zuttiati e
l’abbuffuniati di lu tempu, lu tortu di lu tirannu,
la nciùria di l’omu superbu,
li spàsimi di l’amuri disprizzatu, l’addimurari di la liggi,
la nsullenza di li carichi ufficiali, e
lu disprezzu ca lu mèritu pacinziusu
ricivi di li vastasi, quannu
si putissi iddu stissu dari abbentu
cu na punta di ’n pugnali?
Cu’, stancu, vulissi purtari trùsci,
jittannu jastimi e sudannu, sutta a lu pisu di na vita,
si non fussi pi lu tirruri di qualchi cosa
doppu la morti, lu paisi scanusciutu
d’unni nuddu viaggiaturi fa ritornu,
a frinari la nostra vuluntà e, vulinteri,
a farini suppurtari ddi mali ca già avemu
chiuttostu ca ricùrriri ad àutri ca scanuscemu?
Accussì la cuscienza ni renni tutti vili,
e accussì lu culuri naturali di lu curaggiu
è rìnnutu fraccu di la pàllida ciamma di lu pinzeru,
e li mprisi di granni àutizza e mumentu
pi sta ragiuni tràvianu di lu so cursu
e pèrdunu p’ansina lu nomu di azioni.
Ma, calmati ora, la bedda Ofelia.

Ninfa, nta li to’ orazioni
sunnu arricurdati tutti li me’ piccati.

https://youtu.be/texqiwKywGc

Promo “Amletu”
Copertina “Amletu”

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Alessio Patti – Autore della traslazione di “Amleto” in lingua siciliana
Presentazione dell’Amletu di Alessio Patti

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“Ippolitu” di Euripide

Traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti

Prefazione di Giovanni Vecchio

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Prefazione

Le passioni umane e il fatalismo nell’“Ippolito” di Euripide,
magistralmente traslati in lingua siciliana.

Alessio Patti, un vero maestro della lingua siciliana, dopo essersi cimentato con la traslazione nell’idioma siculo di grandi capolavori della letteratura classica e contemporanea, prosegue il suo itinerario con la tragedia greca “Ippolito” di Euripide. La scelta di Patti, a mio parere, non è affatto casuale perché in quest’opera, come è proprio della tragedia, viene presentato con toni molto accentuati, il contrasto tra castità ed erotismo, che rimandano alla ricerca di un equilibrio che riesca a conciliare nella vita dell’uomo e della donna le istanze razionali e quelle emotive. Dimensioni della vita presenti negli esseri umani in ogni epoca, in Euripide certamente inserite nella società aristocratica del V secolo a.C., che ne alimenta gli elementi ideologici e socio-culturali e ci fa conoscere, meglio che nelle opere dei grandi pensatori greci, il contesto di vita e il vissuto interiore dei protagonisti .Euripide vuole con la figura di Ippolito, figlio illegittimo dell’eroe Teseo, anche lui di origine non illustre, riscattare i figli illegittimi, molto frequenti nella società maschilista dell’epoca, che venivano considerati inferiori rispetto a quelli legittimi, volendo pertanto dare loro dignità umana e diritti. Questi ultimi, a prescindere dall’origine sociale, possono incarnare – sostiene Euripide – i valori dell’onestà e della sincerità. Nella tragedia euripidea i personaggi del padre e del figlio seguono percorsi di riscatto diversi. Teseo era riuscito a riscattarsi da una vita difficile attraverso la forza d’animo, mentre il figlio Ippolito rifugge dal mondo del padre fatto di potere e di libertinismo rifugiandosi nel mondo della natura e rifuggendo volutamente dai rapporti con l’altro sesso. In questo rapporto si inserisce Fedra, la seconda moglie di Teseo e matrigna di Ippolito, che si invaghisce perdutamente del figliastro e se ne muore fino a giungere al gesto estremo del suicidio, la cui causa fa ricadere ingiustamente su Ippolito che accusa in una lettera di averla violentata provocando così l’ira di Teseo, che condanna il figlio all’esilio non volendo ascoltare ragioni. Qui nella tragedia si inserisce il ruolo degli dei, sempre in contrasto tra di loro: mentre Afrodite non sopporta la decisa rinuncia di Ippolito alla relazione sessuale considerandola come un’offesa, Artemide apprezza la vita naturale distante dalla politica e dai piaceri facili. L’intervento delle figure divine viene inteso come influsso irresistibile per gli esseri umani che ne vengono dominati .La tragicità delle vicende non passa attraverso la coscienza individuale dei protagonisti ed Euripide mette in luce il disagio della fatalità che incombe sui viventi e il bisogno di di attingere ad una giustizia superiore che vada oltre ogni interesse, vizio o limitazione. La mentalità greca, come peraltro quella romana, non avevano una concezione profonda della libertà di coscienza che si affermerà soltanto più tardi con il cristianesimo. Per risolvere questi problemi Euripide si avvale di un espediente tecnico, il famoso deus ex machina, l’intervento esterno di un dio che rivela la verità. Certamente una soluzione artificiosa. E quando gli dei sono in contrasto tra di loro, soltanto Zeus, il maggiore degli dei, può riportare l’ordine e ristabilire i ruoli. Dall’opera euripidea emerge anche un interessante invito a non fidarsi delle apparenze, ad esaminare con buon discernimento tutte le informazioni liberandoci dai preconcetti, in sostanza, ad essere onesti. Questo insegnamento corrisponde allo spirito che anima Alessio Patti, che sicuramente vi si ritrova in pieno. La sottomissione ai capricci degli dei non era dunque nella società greca antica basato sull’eticità, bensì sulla paura. E di questo si servivano le classi dominanti per imporre i loro modelli comportamentali e il potere politico. Altro motivo di interesse, infine, il momento finale della tragedia con il perdono del padre da parte di Ippolito prima della sua fine e del tardivo convincimento di Teseo sulla buona fede del figlio, che inutilmente aveva tentato di difendersi dall’ingiusta accusa di aver insidiato la matrigna. Come si può notare c’è abbondante “pane per i denti” di Alessio Patti, che si “innamora” di questa tragedia e ne propone una versione in lingua siciliana rispettosa dei canoni linguistici propri dell’idioma siculo che ricorre alla dittologia per rafforzare il messaggio. Ormai la lettura di ogni traduzione che ci propone Alessio Patti ci dà conferma non solo della possibilità di esprimere valori esistenziali eterni e momenti di vita comune, ma anche della perizia straordinaria di chi si cimenta quotidianamente con l’esercizio linguistico e lo rende sempre più vicino alla sensibilità e alla cultura siciliana, pur nel profondo rispetto del testo originale. Alessio Patti ci presenta, dunque, un vero capolavoro della tragedia greca rendendolo fruibile e vicino a ciascuno di noi.

Giovanni Vecchio

Tantu Scrusciu Pi Nenti

Mr. William Shakespeare in “Much adoe about Nothing”, ovvero: “Tantu Scrusciu Pi Nenti” – Traslazione in Lingua Siciliana di Alessio Patti.

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Prefazione


Dopo aver letto “Amletu” e “Romeu e Giulietta” nella traslazione di Alessio Patti, ed inoltre di aver avuto l’onore e la soddisfazione d’interpretare – sulla stessa traslazione del Patti – il personaggio di “Mercuzio”, nella proposta della regista catanese Francesca Ferro, il mio amico Alessio mi ha chiesto di scrivergli la prefazione della sua ultima traslazione shakespeariana in lingua siciliana di “Much adoe about Nothing”; da “Molto rumore per nulla” in “Tantu scrusciu pi nenti”.
La mia reazione mediata, senza falsa modestia, è stata questa: non sono uno scrittore e pertanto non mi sento di esserne all’altezza. Poi, però, quando l’autore della traslazione di “Tantu scrusciu pi nenti” mi ha dato di leggere il testo, ne sono rimasto talmente ammaliato che non mi sono sentito di rifiutare, tanto che mi sono offerto di dare il mio piccolo contributo a questa straordinaria commedia di Shakespeare rivestita dalla lingua antica dei nostri padri
Come il Prof. Salvatore Camilleri, autore di un sorprendente vocabolario Italiano-siciliano, ormai irreperibile, anche il poeta, traduttore, commediografo e drammaturgo in lingua siciliana Alessio Patti, è un patrimonio intellettuale e culturale della nostra terra. Le sue traslazioni in lingua siciliana, che variano, oltre alle opere di Shakespeare, da testi e Vangeli della Sacra Bibbia, a svariate tragedie greche (di Euripide, Sofocle, Eschilo, ect.), sono, e saranno sempre, un punto di riferimento per chi, come me, ama la lingua siciliana antica e aulica e ama orientarsi correttamente rispetto ai dialetti, alle parlate locali e ai vernacoli d’uso quotidiano che variano da paese a paese nella nostra amata Sicilia.
La seconda fase della carriera del Bardo brilla principalmente per le commedie: “A piacer vostro”, “La notte dell’Epifania” e, per l’appunto, a “Molto rumore per nulla”. In esse risaltano le schermaglie d’amore, amori appassionati e romantici, i mascheramenti della commedia dell’arte, ma particolarmente l’umanità dei temperamenti dei personaggi.Di Shakespeare, “Molto rumore per nulla” è la mia commedia prediletta, il perchè è semplice: in essa ci sono dei protagonisti che sogno da sempre d’interpretare: dal personaggio di primo piano “Benedetto”, ovviamente, a “Don Pedro”, a suo fratello “Don Giovanni” e, tra qualche anno, in vetusta età, anche “Leonato”.Ricordo ancora quando, giovane attore, cresciuto a Los Angeles, mi recai alla multisala degli Universal Studios, a Hollywood, per vedere in lingua originale il film di Kenneth Branagh: “Much adoe about Nothing”. Adesso, finalmente, lo posso leggere anche in lingua aulica siciliana grazie all’opera di traslazione del traduttore Alessio Patti. La sua traslazione è fluente, le pagine scorrono tra le dita e si sfogliano con avidità, e la scelta, come lui stesso commenta nella introduzione, di raddoppiare nella lingua siciliana – com’è sempre stato in uso in Sicilia da centinaia di anni – alcuni termini usati da Shakespeare in “Much adoe about Nothing”, con due ad esso attinenti o similari, funziona benissimo (come ad esempio: gabbaturi e juculanu; rodomunti e vantaloru; allupatu e laparderi; alliticusu e sciarrinu; mosciu e allattumatu) e, come indica lo stesso Patti, “per affermare il pensiero, metterlo in risalto, evidenziarlo per garantire che il messaggio in lingua siciliana arrivi forte e chiaro”.
Confesso, senza alcuna remora, che non conoscevo molti termini aulici e antichi usati in lingua siciliana dal Patti nella sua traslazione shakespeariana, ma – furbo di tre cotte che sono – mi sono servito di una versione in lingua italiana acciocché potessi avere un’assistenza nella comprensione di termini a me nuovi o inconsueti che, ora in avanti, per mio puro divertimento e per conservarne l’essenza, li userò nel mio parlato quotidiano: “Abbacu”, “Mutugiubbu”, “Triscuni”, “Sgranfugnari”, “Amminnìculi“, “Scignignacchi”, e mi fermo qui, giacché son davvero tanti.Chiudo questo mio breve preludio con un encomio al mio caro amico Alessio Patti, dichiarando che se ce ne fossero tanti esteti e uomini di cultura come lui, la vita nella nostra amata isola sarebbe attraversata da un nuovo rinascimento anziché essere così in decadenza e amara.
Spero – e sono certo – che, negli anni a venire, lo spazio nella mia libreria, ove tengo tutte le opere scritte e traslate in lingua siciliana di vari autori, si colmi ancora di tante altre traslazioni di Alessio Patti, poiché attraverso lo studio e la lettura delle sue opere a guadagnarne in esperienza intellettuale e cultura saranno indubbiamente le future generazioni di siciliani, che potranno accrescere lo spirito e potenziare – o affinare – le attitudini di ciò che hanno rappresentato la Trinacria, la lingua e la radice storica dell’ultramillenario e straordinario popolo siciliano.


Mario Opinato

Mario Opinato, catanese, attore di cinema americano e internazionale, protagonista di televisione e teatro. Recentemente ha interpretato diversi testi del poeta, traduttore e commediografo Alessio Patti e, dello stesso autore, il personaggio di “Mercuzio” nella traslazione in lingua siciliana di “Romeo e Giulietta” di Shakespeare.

Mario Opinato

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Le fiabe dei fratelli GRIMM

Le fiabe dei fratelli GRIMM traslate in lingua siciliana da Alessio Patti

A proposito di “Lingua Siciliana e di scuole”
Prima di Natale 2019 vivremo una straordinaria esperienza culturale: le fiabe dei fratelli GRIMM traslate da me in lingua siciliana, con lo straordinario apporto pittorico dell’artista Giusyy Grasso.

Si cunta e si ricunta ca c’era na vota na duci picciuttedda; sula a
vidirila la vulevanu tutti beni, soprattuttu so nanna ca non sapeva chiù
zoccu ci aveva a rijalari. Na vota ci fici ’n prisenti: ’n cappucciu di
villutu russu; giacchì ci stava tantu beddu, e idda non vuleva purtari
àutru, la sèppiru sèntiri tutti comu a «Cappuccettu Russu»… (il resto del racconto lo leggerete nel libro)

Si cunta e si ricunta ca ni li tempi antichi, quannu disiddirari sirveva
ancora a qualchicosa, c’era ’n re, c’aveva tutti li so’ figghi fimmini una
chiù bedda di l’àutra, ma la chiù carusa era accussì bedda ca puru lu
suli, cu puru c’aveva vistu ogni biddizza, ristava maravigghiatu quannu
ad idda ci spirluciava la facciuzza… (il resto del racconto lo leggerete nel libro)

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Romeu e Giulietta

Romeu e Giulietta
Nella traslazione in lingua siciliana di Alessio Patti.

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“Romeu e Giulietta” in lingua siciliana

Le grandi opere del mondo letterario proposte in lingua aulica siciliana dal poeta, commediografo e drammaturgo catanese Alessio Patti

Dopo “Amletu”, le tragedie greche Agamennone di Eschilo, Medea di Euripide, Elettra di Sofocle; i 4 Vangeli (edizioni CEI) e il “Cantico dei Cantici” di Salomone; dopo la traslazione in lingua siciliana dei più grandi poeti al mondo in “Uguale agli dèi”, giorno 24 febbraio 2019, presso il teatro Rex di Giarre, patrocinato dal Comune di Giarre (CT), Alessio Patti, edito da Boopen, presenterà “Romeu e Giulietta”, il più noto dramma shakespeariano.
Cultori e attori presenteranno e declameranno l’opera traslata in lingua siciliana da Alessio Patti.
Saranno presenti i relatori Prof.ssa Anna Castiglione Garozzo (che è anche la Prefatrice della traslazione) e il Prof. Giovanni Vecchio (sicilianista ed esperto delle tradizioni locali); gli attori professionisti: Ornella Brunetto e Daniele Bruno; i musicisti Gesuele Sciacca e Armando Xibilia; la cantante folk dal cuore tutto siciliano Cinzia Sciuto; la cantante corale Daniela Greco; coadiuveranno alla declamazione i poeti Alessio Patti, Antonino Magrì, Giusy Di Mauro, Francesca Privitera e i giovani attori, Marco Arena, Angelo Ariosto e Giovanni Curia Viglianisi.
L’evento è patrocinato dal Comune di Giarre, dalle associazioni culturali “Sicilia Cori Miu”, “Associazione MarranzAtomo”, “Accademia Della Lingua Siciliana”, “Società Giarrese di Storia Patria e Cultura”, Sto.Cu.Svi.T. (Storia Cultura & Sviluppo Territoriale – Santa Venerina) e dai “Cavalieri di Malta” O.S.J., rappresentati dal loro ambasciatore Pino Parisi.
Giorno 15 febbraio 2019, alle ore 11, Alessio Patti e tutti i suoi collaboratori, attori e musicisti, alla presenza di autorità, tv e giornali, organizzano una conferenza stampa che si svolgerà presso il “Salone degli specchi” del Comune di Giarre, nella quale introdurranno l’opera di “Romeu e Giulietta” traslata in lingua siciliana.

Un teatro innovativo che, contaminando i personaggi, mescola le carte della vita con coraggio.

Ho assistito all’adattamento di Francesca Ferro di “Romeo Q Giulietta”, la tragedia di William Shakespeare, che ha utilizzato la mia traslazione dell’opera in lingua siciliana.
Il primo impatto è stato quello di vedere ribaltata la suggestione emotiva che ci si aspettava di vivere nella più classica delle rappresentazioni passionali. Farcire l’opera di dura “attualità” ne ha rivoltato da subito gli equilibri. Un Romeo che si toglie la vita con un’overdose fornitagli da un immigrato di colore e Giulietta che lo segue sparandosi un colpo di pistola in testa, ci riconducono a fatti di attualità tanto vicini a noi da non avvilupparci certamente nell’incanto ma da scuoterci come una sberla che ti colpisce la guancia.
Così, prima di esprimere un giudizio obiettivo e sincero, ho dovuto lasciare sedimentare la scelta artistica della regista tutta la notte dentro me e riflettere, perché ella ha costretto il pubblico ad uscire fuori dal miraggio poetico e aggraziato dell’opera originale, pur usando la calda e tenera mia traslazione in lingua siciliana, e lo ha lasciato piombare violentemente, senza sconti, senza pietà, nel desolante e devastato mondo dei paludati quartieri catanesi più difficili, tra droga, prostituzione e delinquenza.
Gli archi della critica più pesante e severa erano già tutti tesi, pronti a colpire – questa rivisitazione personalissima può non piacere – ma la regista ha saputo indossare l’usbergo pesante del “nuovo” modo di fare teatro mobile per presentare l’opera trasformata e spogliata d’ogni grazia e darle una piega capace di raggelare lo spettatore e le sue attese. E vi è riuscita. Di solito si cerca di epurare il brutto restituendo soltanto il bello. Francesca Ferro invece, coraggiosamente, ha fatto il lavoro contrario, ha tolto il bello e la grazia da una storia mitica ponendola nel lordo e nel contaminato di una parte d’umanità che, sola, procede il suo percorso di vita ma non rinuncia ai sentimenti.
Allora, alla luce di queste osservazioni, io credo che sia necessario l’epicrisi finale sull’opera e non i tanti parziali giudizi che nascono osservando man mano l’evolversi delle crude scene; che sia necessario affermare che soltanto il teatro talentoso sa giocare con le ambiguità della scena per dire alle volte, nella maniera più cruda e violenta, che l’amore non è prerogativa solo dell’incanto e della poesia, ma è il riscatto di tutti coloro che vivono nei sobborghi, in luoghi di povertà e violenza, di coloro che non hanno grazia nella lingua e nel corpo. In tutti costoro Francesca Ferro, in modo sorprendente, ha fatto rilucere l’amore negli ingombranti corpi della realtà umana.

Alessio Patti

Nica, comu a na muddichedda

Nica, comu a na muddichedda – di Alessio Patti

Sugnu ju, l’eternu carusu
ca d’amuri ti ciatau e
ca t’adora ancora.
Comu a ’n simulacru
t’haju ferma nta la vardata,
nica comu a na muddichedda,
carusa bedda ca li sensi
m’attravirsau.
E lu to pettu, na magarìa
ca pittai milli voti
nta la tila di li ricordi,
beddu comu granatu,
udurusu di zagara e ardenti
comu lu focu di Sicilia,
mi chiama ancora, ancora, ancora.
Ddu jornu ti dissi:
Mi fazzu àrvuru
si tu fogghia d’àrvuru ti fai -;
e comu sita antica
sciddicasti nta li me’ vrazza
pi catturarimi lu cori,
mentri ju ti dicìa: – Si tu
pi ’n pircantu addiventi celu,
pi tia mi fazzu aurusa stidda -.
Ancora oggi, comu tannu,
n’eterna carusanza,
ti ciatu e t’amu.

“Romeu e Giulietta” in lingua siciliana, di Alessio Patti

Romeu e Giulietta” – Traslato in lingua siciliana, a cura di Alessio Patti

Comune di Giarre  (Assessorato alla Cultura) – Cavalieri di Malta O. S. J. – Sicilia Cori Miu – Associazione Culturale MarranzAtomo – Accademia Della Lingua Siciliana – Società Giarrese di Storia Patria e Cultura – Sto.Cu.Svi.T.  – (Storia Cultura & Sviluppo Territoriale – Santa Venerina) e Alessio Patti

presentano

“Romeu e Giulietta”, di William Shakespeare

Traslazione in Lingua Siciliana di Alessio Patti
dalla versione italiana di Salvatore Quasimodo

con la straordinaria partecipazione di

Ornella Brunetto (nel ruolo di Giulietta) 

e di 

Daniele Bruno (nel ruolo di Romeu)

e con

Cinzia Sciuto (cantante folk) – Gesuele Sciacca (maestro di musica – cantante) 

e con

Daniela Greco (cantante) – Armando Xibilia (percussionista)

Relatori

Prof.ssa Anna Castiglione Garozzo e Prof. Giovanni Vecchio

Declamano

Antonino Magrì – Giusy Di Mauro – Francesca Privitera –  Angelo Ariosto – Marco Arena –  Giovanni Curia Viglianisi – Alessio Patti

Ripresa Video – Pino Parisi (Sicilia Cori Miu)

Cine Teatro Rex – Via Teatro, 14 – 95014 Giarre (CT)

Domenica, 24 febbraio 2019 – ore 17:00 – Ingresso libero

O donna di lu me nfinitu amuri – di Alessio Patti

http://www.metmuseum.org/art/collection/search/11207

O donna di lu me nfinitu Amuri

Accarizzimi o donna di lu me nfinitu Amuri.
Nta lu me corpu stancu e spiddizziatu
c’è ancora ciàuru di sinsualità.

Non ti scantari d’accarizzarimi lu cori e
d’ascutari lu palpitu di la ducizza,
chi havi ancora lu stissu sonu di quannu,
carusu,
t’amai comu fussi Apollu.

E quantunchi non sugnu chiù ‘n diu,
chiù di tannu t’amu ancora,
sugnu certu,
giacchì la me vardata pirciau lu Paradisu
e lu so mistèriu.

Si’ bedda, sai?
Li to’ capiddi janchi sunnu comu nivi appujata
supra a li chiù beddi camelii;
li to’ trizzi, cordi sicuri ntrizzati pi li naviganti;
li to’ labbra nzuccàrati, lu chiù beddu buttuni di rosa.

Dai, veni, non t’affruntari e accarizzimi la facci;
senti una a una tutti l’arrappi chi l’attravirsanu;
senti la peddi caddusa e li surchi causati di lu duluri;
senti comu nt’idda c’è, senza fini, disìu di tia.

Dai, nicuzza bedda, non t’affruntari e
accarizzami li manu,
senti li vini tutti duri chi hannu travagghiatu
pinzannu sulu a la to biddizza.

Senti comu la cruci di li me’ spaddi
attirantata e firuta
arriniscìu a risistiri ad ogni mali
abbastachì d’ottèniri a tia,
li to’ carizzi e li to’ vasuni chini di pani e vinu.

Non chianciri ora, babba chi si’, e
non ti portunu scantu li me’ versi
né l’àrdiri di l’ultimu pircantu,
ha’ sapiri chi tu resti pi sempri
la donna di lu me nfinitu Amuri.

(Alessio Patti – Catania, sabato 7 giugno 2018)

O Donna del mio infinito Amore

Carezzami o donna del mio infinito Amore.
Nel mio corpo stanco e liso
c’è ancora effluvio di sensualità.

Non aver paura ad accarezzarmi il cuore e
ad udire il palpito della dolcezza,
che ha ancora lo stesso tono di quando,
giovane,
t’amai come fossi Apollo.

E quantunque non sia più un dio,
più d’allora t’amo ancor,
son certo,
giacché il mio sguardo ha penetrato l’Eden
e il suo mistero.

Sei bella, sai?
La tua canizie è come neve poggiata
sulle più belle camelie;
le tue trecce, sicure corde intrecciate per i naviganti;
le tue labbra zuccherine, il più bel bocciolo di rosa.

Su, vieni, non arrossire e carezzami il volto;
senti una ad una tutte le rughe che l’attraversano;
senti la pelle ruvida e i solchi originati dal dolore,
senti come in esso c’è, incessantemente, desio di te.

Su, cuore del mio cuore, non arrossire e
carezzami le mani,
senti le vene tutte turgide che hanno lavorato
pensando solo alla tua bellezza.

Senti come la mia schiena,
irrigidita e ferita,
è riuscita a resistere ad ogni male
pur d’ottenere te,
le tue carezze e i tuoi baci colmi di pane e vino.

Non piangere ora, stupidina, e
non t’impauriscano i miei versi
né l’ardimento dell’ultimo incanto,
sappi che tu resti per sempre
la donna del mio infinito Amore.

(Alessio Patti – Catania, sabato 7 giugno 2018)

“Vangelu secunnu Matteu” – Traslazione in lingua siciliana del Vangelo di Matteo (Ediz. C.E.I.) a cura di Alessio Patti

Breve anteprima del “Vangelu secunnu Matteu” – Traslazione in lingua siciliana del Vangelo di Matteo (Ediz. C.E.I.)

a cura di Alessio Patti, per Algra Edizioni.

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Matteu – Capitulu 1

I. Nascita e picciuttanza di Gesù

Avi, bisavi e nannavi di Gesù

[1]Discinnenza di Gesù Cristu figghiu di Davidi, figghiu di Abramu. [2]Abramu criò Isaccu, Isaccu criò Giacobbi, Giacobbi criò Giuda e i so’ frati, [3]Giuda criò Fares e zara di Tamar, Fares criò esròm, esròm criò Aram, [4]Aram criò Aminadàb, Aminadàb criò Naassòn, Naassòn criò Salmòn, [5]Salmòn criò Booz di Racab, Booz criò obed di Rut, obed criò Iessi, [6]Iessi criò lu re Davidi.

Davide criò Salomoni di chidda ch’era stata la mogghi di Urìa, [7]Salomoni criò Roboamu, Roboamu criò Abìa, Abìa criò Asàf, [8]Asàf criò Giòsafat, Giòsafat criò Ioram, Ioram criò ozia, [9]ozia criò Ioatam, Ioatam criò Acaz, Acaz criò ezechia, [10]ezechia criò Manassi, Manassi criò Amos, Amos criò Giosia, [11]Giosia criò Ieconia e li so’ frati, a lu tempu di lu cunfinu in Babilonia.

[12]Doppu lu cunfinu in Babilonia, Leconia criò Salatiel, Salatiel criò zorobabèle, [13]zorobabèle criò Abiùd, Abiùd criò elìacim, elìacim criò Azor, [14]Azor criò Sadoc, Sadoc criò Achim, Achim generò eliùd, [15]eliùd criò eleàzar, eleàzar criò Mattan, Mattan criò Giacobbi, [16]Giacobbi criò Giuseppi, lu sposu di Maria, di unni vinni a la vita Gesù chiamatu Cristu.

[17]La summa di tutti li discinnenti, di Abramu a Davidi, è daccussì di quattordici; di Davidi finu a lu cunfinu in Babilonia è ancora di quattordici; di lu cunfinu in Babilonia a Cristu è, a la fini, di quattordici.

Giuseppi assumi la paternità legali di Gesù

[18]eccu comu avvinni la nascita di Gesù Cristu: so matri Maria, essennu prumissa spusa di Giuseppi, prima chi vivissiru nsemi si truvò incinta pi opira di lu Spiritu Santu. [19]Giuseppi so maritu, chi era giustu e non vuleva rifiutarila, dicisi di mannarila in sigretu. [20]Nto mentri però stava pinsannu a sti cosi, eccu chi ci cumparìu nta lu sonnu ’n àncilu di lu Signuri e ci dissi:

«Giuseppi, figghiu di Davidi, non ti scantàri di pigghiariti a Maria comu to spusa, pirchì zocch’è criatu nt’idda veni di lu Spiritu Santu. [21]Idda parturisci ’n figghiu e tu lu chiami Gesù: iddu nfatti avi a salvari lu so populu di li so’ piccati».

[22]Tuttu chissu avvinni pirchì si chiumpissi zoccu fu dittu di lu Signuri pi vucca di lu prufeta:

[23]Eccu, la vergini cuncipisci e parturisci ’n figghiu

chi veni chiamatu Emmanueli,

chi significa Diu cu nuatri. [24]Svigghiatusi di lu sonnu, Giuseppi fici comu ci aveva cumannatu l’àncilu di lu Signuri e pigghiò cu iddu la so spusa, [25]ca, senza avirila canusciuta, parturìu ’n figghiu, ch’iddu chiamò Gesù.

 

Matteu – Capitulu 2

La visita di li Magi

[1]Gesù nascìu a Betlemmi di Giudea, a lu tempu di lu re erodi. Taluni Magi junsiru di orienti a Gerusalemmi e dumannavanu: [2]«Unn’è lu re di li Giudei chi nascìu? Vistimu nàsciri la so stidda, e vinnimu p’adorarilu». [3]A lu sèntiri sti paroli, lu re erodi s’agitò e cu iddu tutta Gerusalemmi. [4]Adunati tutti li summi sacerdoti e li scribi di lu populu, addumannò ad iddi lu locu unni aveva a nàsciri lu Missia. [5]Ci arrispunneru: «A Betlemmi di Giudea, pirchì daccussì fu scrittu pi vucca di lu prufeta:

[6]E tu, Betlemmi, terra di Giuda,
non si’ appiddaveru lu chiù nicu capoluogu di Giuda: di tia nasci nfatti ’n capu
chi pasci lu me populu, Israeli».

[7]Allura erodi, chiamati in sigretu i Magi, si fici diri d’iddi cu pricisioni lu tempu quannu la stidda cumparìu [8]e li mannò a Betlemmi ncitannuli: «Jiti e nfurmativi cu cura di lu picciriddu e, quannu lu truvati, facitimmillu sapiri, pirchì puru ju pozza vèniri ad adurarilu».

[9]Ascutati sti paroli di lu re, iddi parteru. ed eccu la stidda, chi vittiru nta lu so jisarisi, ci stava avanti, finu a quannu junsi e si firmò supra a lu locu unni s’attruvava lu picciriddu. [10]A lu vìdiri la stidda, iddi pruvaru na granni gioia. [11]Trasuti ntra la casa, vittiru lu picciriddu cu Maria so matri, e nchinannusi l’aduraru. Doppu grapèru li so’ scrigni e ci offreru in dono oru, incensu e mirra. [12]Avvirtuti poi nta lu sonnu di non turnari di erodi, pigghiaru nàutra strada pi fari ritornu a lu so paisi.

Fujuta in Egittu e stragi di li nnucenti

[13]Iddi s’eranu appena alluntanati, quannu ’n àncilu di lu Signuri cumparìu ’n sonnu a Giuseppi e ci dissi: «Sùsiti, pigghia cu tia lu picciriddu e so matri e fuji in egittu, e resta ddà finu a quannu non t’avvisu, pirchì erodi sta circannu lu picciriddu p’ammazzarilu».

[14]Giuseppi, svigghiatusi, pigghiò cu iddu lu picciriddu e so matri e fujiu in egittu, [15]unni ristò finu a la morti di erodi, pirchì si chiumpissi zoccu dissi lu Signuri pi vucca di lu prufeta:

Di l’Egittu chiamai lu me figghiu.

[16]erodi, accurgennusi ca li Magi s’eranu pigghiati jocu d’iddu, s’ammalignò e mannò ad ammazzari tutti li picciriddi di Betlemmi e di lu so tirritorio di du’ anni a scinniri, secunnu lu tempu chi fu nfurmatu di li Magi. [17]Allura si chiumpìu zoccu fu dittu pi vucca di lu prufeta Geremia:

[18]Na schigghia si sintìu in Rama,
’n chiantu e ’n lamentu granni;
Racheli chianci li so’ figghi
e non voli essiri cunsulata, pirchì non sunnu chiù.

Ritornu di l’Egittu e firmata a Nàzaret

[19]Mortu erodi, ’n àncilu di lu Signuri cumparìu ’n sonnu a Giuseppi in egittu [20]e ci dissi: «Sùsiti, pigghia cu tia lu picciriddu e so matri e va’ nta lu paisi d’Israeli; pirchì mureru chiddi chi tramavanu supra a la vita di lu picciriddu». [21]Iddu si susìu, pigghiò cu iddu lu picciriddu e so matri, e trasìu nta lu paisi d’Israeli. [22]Quannu seppi però chi Archelàu era re a lu postu di so patri, pi prudenza non ci jìu. Avvirtutu poi nta lu sonnu, s’arritirò nta li tirritori di la Galilea [23]e, appena jiuntu, jìu ad abitari nta na cità chiamata Nazaret, pirchì si chiumpissi zoccu fu dittu di li prufeti: «Veni chiamatu Nazarenu».

Vangelu secunnu Matteu

Copertina Patti copia

 

“Vangelu secunnu Matteu” a favore dei bambini di Save the Children

 
La Parola di Dio è liberata. Da adesso la possiamo leggere e ascoltare anche in lingua siciliana, augurandoci che presto anche ogni altro popolo possa ascoltarla e leggerla nella propria lingua.
Nel giorno di Pasqua 2016 ha preso vita la pubblicazione de “Vangelu secunnu Matteu” – Algra Edizioni – Traslazione in lingua siciliana a cura di Alessio Patti.
Tutti i proventi dei diritti d’autore saranno evoluti a “Save the Children”, la più grande organizzazione internazionale indipendente che dal 1919 lotta per migliorare la vita dei bambini.

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E’ stato “indispensabile” per l’uomo vecchio ascoltare la Parola di Dio nel proprio linguaggio, perché è così che Dio si fa comprendere e ama parlare agli uomini, nella loro lingua. Anche per l’uomo nuovo è “necessario” riscoprire la Parola di Dio nel proprio linguaggio.
Ascoltarla oggi nel siciliano aulico, nella lingua dei nostri padri e dei poeti, ci riempie d’emozione i sensi e lo spirito illuminando di luce nuova la nostra fede.
La Parola, letta e ascoltata in questa nuova luce, dà ai siciliani (e non solo a loro) nuovo vigore all’anima, stimolando il Credo a più alte comprensioni.
Rileggerla nella lingua natia permetterà a tutti di entrare in confidenza con il sentire di Dio, di conseguire la verve dello Spirito Santo attraverso la quale Dio parla e si dona per raggiungere indistintamente ogni uomo. (Alessio Patti)

Vangelu secunnu Matteu

Vangelu secunnu Matteu – Traslazione in lingua siciliana del Vangelo di Matteo (da vers. C.E.I.) a cura di Alessio Patti per Algra Edizioni.

E’ stato “indispensabile” per l’uomo vecchio ascoltare la Parola di Dio nel proprio linguaggio, perché è così che Dio si fa comprendere e ama parlare agli uomini, nella loro lingua. Anche per l’uomo nuovo è “necessario” riscoprire la Parola di Dio nel proprio linguaggio.
Ascoltarla oggi nel siciliano aulico, nella lingua dei nostri padri e dei poeti, ci riempie d’emozione i sensi e lo spirito illuminando di luce nuova la nostra fede.
La Parola, letta e ascoltata in questa nuova luce, dà ai siciliani (e non solo a loro) nuovo vigore all’anima, stimolando il Credo a più alte comprensioni.
Rileggerla nella lingua natia permetterà a tutti di entrare in confidenza con il sentire di Dio, di conseguire la verve dello Spirito Santo attraverso la quale Dio parla e si dona per raggiungere indistintamente ogni uomo. (Alessio Patti)

 

 

Associazione Storia, Cultura e Sviluppo Territoriale – presenta: “Poesia in… canto” – Artisti e cantanti interpretano i versi del poeta siciliano Alessio Patti

L’ Associazione Storia, Cultura e Sviluppo Territoriale
(Sto.Cu.Svi.T.)

presenta

Alessio Patti

Poesia in...canto - locandina.pages_0001nello spettacolo poetico-musicale

“Poesia in… canto”

Artisti e cantanti interpretano i versi del poeta siciliano Alessio Patti

Sala Teatro Santa Venera, Via Mazzini 106 – Santa Venerina (CT)

Domenica, 7 giugno 2015 – Ore 19.30 – Ingresso libero

Interverranno

Carmela Trovato
(attrice teatrale)

Loredana Marino
(attrice, musicista e cantautrice)

e i suoi musicisti:

Domenico Pontillo, contrabbasso mandolino basso.

Pasquale Augello, percussioni batteria.

Rino Boccadoro, chitarre.

Rodolfo Pagano, pianoforte tastiere.

Laura Leontini
(cantante e attrice)

Massimo Chiofalo
(musicista)

Gesuele Sciacca
(musicista e cantante)

I Malarazza 100% Terrone
(gruppo rock folk siciliano)

Cinzia Sciuto
(cantante folk)

Gino Anselmi
(maestro di musica e cantante)

Gregorio Lui
(musicista e cantautore)

Alberto Marchetti
(musicista e cantautore)

 

Declameranno i versi

Alessio Patti
(poeta e commediografo siciliano)

Loredana Marino
(attrice, musicista e cantautrice)

Carmela Trovato

(attrice teatrale)

Conduce l’evento

Giovanni Vecchio
(cultore di tradizioni popolari)

Per Info. linguapoeticasiciliana@gmail.com

https://youtu.be/2SJISbS-45U

 

Vittorio Ribaudo – pittore e scultore siciliano

Vittorio Ribaudo è un grande artista, più di altri sa cogliere le sfumature della natura negli elementi, associando loro immagini, colori e sensi.
Dobbiamo essere molto orgogliosi di avere come fratello un tale artista che rappresenta l’eccellenza dell’arte siciliana nel mondo.

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Campestre – pittura olio su sughero siciliano.

“Lu Cavaleri Tetè”, di Alessio Patti, in cartellone per il 24 maggio 2015

Il 17 settembre 2014, ad Acireale (CT), è stata presentata dal direttore artistico Franco Cannata la nuova stagione teatrale 2014-2015 de “Voglia di Teatro”, nel cui cartellone è presente, in Prima Assoluta Nazionale, la brillante commedia “Lu Cavaleri Tetè”, del commediografo e poeta Alessio Patti.

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Link Video YouTube: http://youtu.be/8lZjJlEo9pg

Don Gallo – Poesia in lingua poetica siciliana di Alessio Patti

Don Gallo

(finu a quannu li poviri Cristi cuntanu)Immagine

La cosa chiù essenziali è ca si agisci

finu a quannu li poviri Cristi cuntanu…

fu la to ncuitùdini.

“Diu è amuri, amuri a pèrdiri”,

dicisti.

 Battizzatu di ‘n làicu, addivintasti

anzianu d’amuri, parrinu di strata,

ricialannu lu straneru, lu diversu,

mittennuti contru ogni angarìa e abusu.

 Non eri pirsuna ma simbulu d’amuri.

Diplumatu partigianu, ti lauriasti nta la strata,

tra genti pi tia a la para: trisullini e jarrusi

comu rigini e suprani.

“Sonnu na Chesa non slazzata di l’àutri,

ca non cunnanna sempri, ma è misiricurdiusa,

cumpagna”,  dicisti ancora.

E ntomentri tu schigghiavi “La donna in Cristu ni la Chesa”

e “Vinni pi sèrviri”, fora di la storia li strafuttenti

praticavanu l’ottavu viziu capitali: la nniffirenza!

 (Alessio Patti – Catania, 22 maggio 2013, in occasione della morte di Don Andrea Gallo)

Don Gallo

 (affinché i poveri contino)

La cosa più essenziale è che si agisca

affinché i poveri contino…

fu la tua inquietudine.

“Dio è amore, amore a perdere”,

dicesti.

Battezzato da un laico, divenisti

presbitero d’amore, sacerdote di strada,

sollevando lo straniero, il diverso,

ponendoti contro ogni angheria e sopruso.

Non eri persona ma simbolo d’amore.

Diplomato partigiano, ti sei laureato in strada,

tra le genti per te tutte eguali: prostitute e gay

come sovrane e regnanti.

“Sogno una Chiesa non disgiunta dagli altri,

che non sia sempre pronta a condannare, ma sia solidale,

compagna”, dicesti ancora.

E mentre tu gridavi “Le donne in Cristo nella Chiesa”

e “Son venuto a servire”, fuori dalla storia gli egoisti

praticavano l’ottavo vizio capitale: l’indifferenza!

(Alessio Patti – Catania, 22 maggio 2013, in occasione della morte di Don Andrea Gallo)

Link Video You Tube:  http://www.youtube.com/watch?v=bmYlbgNVm7o

La me arma sapi d’omu – di Alessio Patti

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Presentazione dell’Antologia: “La me arma sapi d’omu” – di Alessio Patti 

Prefazione del Dott. Santino Mirabella

Interverranno: Alessio Patti (Poeta, Commediografo e Drammaturgo) – Dott. Santino Mirabella (Magistrato, scrittore e poeta), che modererà l’evento.

Collaboreranno: Laura Leontini (Cantante) – Prof.ssa Carola Colonna (Attrice e insegnante) – Franco Leontini (Regista e attore teatrale) – Carmela Trovato (Attrice teatrale) – Franco Cannata (Attore teatrale) – Vita Marzullo (Attrice e insegnate).

Ospite della serata l’attrice siciliana Loredana Marino 

L’evento si svolgerà presso Camplus Living D’Aragona – Via Monsignor Ventimiglia, 184 Catania 

11 gennaio 2014, alle ore 18,30

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Magarìa

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Un anno fa usciva il mio 2° libro di poesie con il titolo “Magarìa”. Molte volte, e fino a pochi giorni fa, scrivendo sul motore di ricerca di Google il titolo del mio libro “Magarìa”, mi apparivano le immagini di copertina (che qui allego). Che bello, mi dicevo! Adesso che il grande Andrea Camilleri ha scritto e pubblicato in questi giorni il suo romanzo con lo stesso titolo “Magarìa”, le immagini della copertina del mio libro su google non esistono più, sono scomparse. Non posso più avere la gioia di vederle apparire sul motore di ricerca più grande della rete. 

Santa pazienza signori di Google… cancellare le immagini della copertina del mio libro Magarìa per paura che si confondano con quelle del Camilleri mi sembra davvero esagerato. Sono molto deluso!

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Trailer Presentazione “Uguale agli dèi” – di Alessio Patti

Trailer Presentazione “Uguale agli dèi” – di Alessio Patti

Presentazione dell’opera

UGUALE AGLI DÈI

di Alessio Patti

Antologia di Grandi Poeti
Tradotti in Lingua Poetica Siciliana

Interverranno

Alessio Patti (Poeta, Commediografo e Drammaturgo)
Prof. Giovanni Vecchio (Storico e cultore delle tradizioni locali)
Prof.ssa Carola Colonna (Insegnante e Attrice)

Condurrà l’evento il presentatore

Dario Privitera

Camplus Living D’Aragona
Via Monsignor Ventimiglia, 184 Catania
– 5 ottobre 2013 alle ore 18,30 –

Ingresso Libero

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Presentazione di “Uguale agli dèi” di Alessio Patti

Presentazione dell’opera

UGUALE AGLI DÈI

di Alessio Patti

Antologia di Grandi Poeti
Tradotti in Lingua Poetica Siciliana

Interverranno

Alessio Patti (Poeta, Commediografo e Drammaturgo)
Prof. Giovanni Vecchio (Storico e cultore delle tradizioni locali)
Prof.ssa Carola Colonna (Insegnante e Attrice)

Condurrà l’evento il presentatore Dario Privitera

Camplus Living D’Aragona
Via Monsignor Ventimiglia, 184 Catania
– 5 ottobre 2013 alle ore 18,30 –

Ingresso Libero

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Alda – di Alessio Patti (omaggio poetico ad Alda Merini)

Alda

(dedicata ad Alda Merini)

1

Ridisti ‘n faccia a lu virsèriu

ca non ti culpìu e ti lassò
jiri tra nuautri nta dda casa
di li mposti pittati a nùmmira,
nomi canusciuti sulu a tia.

Fumu di sigaretti allincheva la to vita
di attimusferi lìvidi, unni Diu-Amanti
si spalisò, e mai tacìsti versi maliditti
avanti a la gènesi di la biddizza,
mentr’Iddu t’accarizzava lu cori.

Ddi jorna d’amuri l’affruntasti filici
cuntati cu la stizzera di lu tempu curtu,
nta ddu “silenziu chi fa scrusciu” e nta li versi
chi spirlucianu chiù “di na durata cupula di stiddi”.

Di lu corpu non distruggisti mai li mura
ma custruisti sdillirii amurusi nonostanti
li mimòrii di lu manicomiu, e li nsulti,
li pidati, lu scuru di pinseri ca la vita
ti desi pi custringìriti, ni lu duluri
criativu, a scupriri la morti, li sonni
e lu pircantu di cui fusti suttratta
p’offrìrili tutti a la nostra vardata.

(Alessio Patti – Catania, sabato 4 maggio 2013)

Alda

(dedicata ad Alda Merini)

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Hai riso in faccia al diavolo
che non ti colpì e ti lasciò
andare tra noi in quella casa
dalle pareti schizzate a numeri,
identità note a te soltanto.

Fumo di sigarette riempiva la tua vita
di atmosfere livide, dove Dio-Amante
si svelava, e non tacesti mai versi maledetti
innanzi alla genesi della bellezza,
mentre Egli ti accarezzava il cuore.

Felice hai affrontato quei giorni d’amore
contati con la clessidra del tempo breve,
in quel “silenzio che fa rumore” e nei versi
che brillano più “di una dorata cupola di stelle”.

Del corpo non demolisti mai le mura
ma deliri amorosi hai eretto malgrado
le memorie del manicomio, e gli insulti,
le pedate, il buio dei pensieri che la vita
ti diede per costringerti, in dolore
creativo, a scoprire la morte, i sogni
e l’incanto di cui fosti privata per
offrirli tutti al nostro sguardo.

(Alessio Patti – Catania, sabato 4 maggio 2013)

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell’Autore.

http://youtu.be/t8DTJ1BUuKo

Amigdala presenta: Viculu Sacramentu di Alessio Patti – Ospiti Tuccio Musumeci e Santino Mirabella

http://www.amigdalaweb.it/blog/associazione/amigdala-viculu-sacramentu-di-alessio-patti-il-teatro-interpreta-uno-spaccato-degli-anni-50-ospiti-tuccio-musumeci-e-santino-mirabella/

Associazione Culturale Amigdala presenta “Viculu Sacramentu” di Alessio Patti – Ospiti Tuccio Musumeci e Santino Mirabella

Presentazione "Viculu Sacramentu"

Associazione Culturale “Amigdala” –

l’1 dicembre 2012, alle ore 18: 00

presso il Gran Hotel Itria, Via Aniante, 3 Viagrande (CT),

presenta:

“Viculu Sacramentu”

Romanzo in lingua siciliana di Alessio Patti

Conduce il Prof. Giovanni Vecchio

Relatore: Prof. Gregorio Monaco

Saluto della Prof.ssa Maria Grazia Palermo (Presidente Amigdala)

Padrini della manifestazione

Tuccio Musumeci e Santino Mirabella

Attori

Carola Colonna, Maria Grazia Ardita, Carmela Trovato,

Franco Leontini e Franco Cannata

Collaborano

L’Associazione “La Biblioteca d’Oro”, Giuseppe Cucchiara e Beppe Tambè

Giuseppe Bonura “Ncucchiannu Palori” – Edizioni Drepanum – Prefazione di Alessio Patti

La Edizioni Drepanum ha annunciato la prossima uscita del libro di Poesie “Ncucchiannu Palori” dell’artista siciliano Giuseppe Bonura.

La Redazione di questo blog si complimenta con entrambi augurando i migliori successi.

Viculu Sacramentu di Alessio Patti – Articoli su Giornali e Riviste

È apparso ne “I Vespri”, n. 30, agosto 2012, uno stralcio su Viculu Sacramentu. A settembre, al rientro dalle attività feriali, il mondo della cultura poggerà lo sguardo sull’Opera di Alessio Patti e ne affronterà i temi più peculiari. L’opera verrà presentata presso una grande struttura alberghiera alle pendici dell’Etna sotto la supervisione del Prof. Giovanni Vecchio.

 

 

VICULU SACRAMENTU

VICULU SACRAMENTU

Il romanzo dell’Ars Populi siciliana degli anni 1950/1970 di Alessio Patti

Prefazione a cura del Prof. Giovanni Vecchio

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“Nelle case di Viculu Sacramentu nulla si compie per circostanze che non rispecchino il cuore ed il dolore della sua gente”.

Questa citazione dall’opera “Viculu Sacramentu” di Alessio Patti contiene in sé il significato ultimo e imprescindibile che l’autore si propone di trasmettere al lettore perché evidenzia il valore umano della testimonianza di un popolo (quello catanese della fine degli anni cinquanta di un quartiere sulla scogliera dal quale si accede alla “Civita”, il cuore antico in ambito urbano) che vive la quotidianità e gli eventi naturali e sociali del suo tempo (agli albori di un cambiamento ancora poco visibile nella mentalità e nei costumi) con una sua specifica capacità di agire e reagire, di trovare le soluzioni all’interno delle sue povere risorse, sempre al di fuori della città ufficiale nella quale personaggi poco credibili agli occhi della gente più semplice sembrano muoversi con interessi di potere estranei alle vere necessità delle persone comuni.Continue reading “VICULU SACRAMENTU”

In Punta di piedi – Il primo libro di poesie di Alba Schembri (Ediz. Photocity)

 

 

 

Alba Schembri, poetessa?

 

Cos’è il poeta senza la sua anima? Molti di noi si dicono poeti e allenano la mente alla costruzione di versi capaci, che combaciano bene con le parole, con le rime, ma non hanno in seno quella radice che viene dall’anima, dall’uso continuo del rapporto con il Profondo. Alba Schembri invece c`è l`ha quella radice, ed è poetessa per virtù e non per titoli. La sua poetica nasce esclusivamente dall’anima e da tutta quella serie di percezioni che lo spirito registra dai sensi, dalle emozioni, ancor più, dalla Verità. Poesia e Verità sono il terreno fertile dei versi di Alba Schembri la quale “in punta di piedi” racconta umile il percorso dei suoi sentimenti, la ragione della vita, del cuore, la voce dell’alma come ella ama definirla. Nel suo primo libro di poesie non troveremo la sofisticazione poetica dei grandi, ma la magnificenza dell’ode dei piccoli. Troveremo non un uragano tempestoso di tecnicismo poetico, ma il tenue racconto della sua esperienza completa di donna. Chi legge Alba Schembri non legge versi inscatolati nelle cripte dell’artificio, ma della verità libere scintille e il coraggio dei sensi. E` una poesia che sboccia in purezza e che lei ci regala per stimolare “l’abbaco” (l’ozio) che c`è in noi. Si scopre infine che i suoi versi sono quelli di una di noi, dell’amica della porta accanto, della migliore consigliera, di chi sa capirci, apprezzarci e amarci per quello che siamo. La sua poesia è come un cuore sincero che ci ama.

Alessio Patti

Nasce “Monicelli Sicily” la trasposizione in Lingua Poetica Siciliana dei versi di Maria Pia Monicelli

Alessio Patti, il poeta e commediografo siciliano, ci offre ancora una volta un altro prezioso contributo culturale traducendo nella sua lingua poetica siciliana i più bei versi della bravissima poetessa, la quale scrive nella Presentazione del libro:

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Scrivere di sé non è facile. Nonostante l’apparenza sono introversa, timida e riservata. Tutto è relativo, sempre, ecco perché oggi una parte di me è di tutti. L’incontro con Alessio Patti, profondo conoscitore dell’animo umano, Artista a tutto tondo e, non per ultimo, fraterno amico, per me è stato un dono divino. L’ho incontrato su Facebook, una mosca bianca nel web, uno specchio d’acqua che rifletteva il mio io. Alessio Patti ha una forza spirituale che allevia e risolleva, un saggio che afferma di non sapere. Eppure la sua “Terra di Dentro” ha sentieri che portano dritti al cuore. Il mio ha il fuoco di due vulcani: L’Etna e il Vesuvio. Mia madre nacque ad Enna, “Quando Roma nasceva Enna fioriva” amava ripetere. Studiò lirica a Palermo e lì il suo insegnante napoletano di pianoforte le fece conoscere il fratellino più giovane – violinista – che era andato a trovarlo per le vacanze di Pasqua: mio padre. Un amore fatto di lettere e pochi baci, un amore durato fino alla fine, quando il cancro ha rapito mamma. Con loro la vita è stata tutta una salita d’amore, abbiamo condiviso tutto, nessun segreto ci ha mai divisi. A 7 anni ero già in palcoscenico, è stato naturale seguire le orme di mamma anche se non nella lirica. Avevo smesso di scrivere dopo la nascita di mio figlio, avevo tagliato i ponti con i riflettori, per dedicarmi solo a lui. Poi quel maggio del 2003, quando chiusi le palpebre a mia madre, ricominciai a trasferire i miei pensieri, a togliere i sigilli, a renderli vivi sulla carta. Ecco, la mia poetica è rinata dopo la morte di chi mi ha partorito. Alessio Patti, traducendo i miei versi, compie l’ennesimo miracolo, perché ha restituito voce a mia madre, alla sua lingua e sarà come ascoltarla in ogni parola dell’antica Lingua Poetica Siciliana“. Maria Pia Monicelli

Monicelli Sicily (Photocity Edizioni) è una magnifica opera poetica ed un prezioso contributo allo sviluppo e alla coltivazione della comunione culturale.

A. P.